Ci capita di parlare con degli investitori che, per principio, escludono dalla loro asset allocation gli investimenti azionari in quanto troppo rischiosi e fonti di potenziali grandi perdite, o con investitori che non si avvicinano agli investimenti obbligazionari in quanto il ritorno potenziale non giustifica il rischio sostenuto, o addirittura con investitori che considerano come investimenti meritevoli di essere effettuati solo gli acquisti di asset reali e tangibili, come immobili, terreni o beni preziosi, e non prendono in considerazione gli investimenti di tipo finanziario, che peraltro possono essere rappresentativi di attività reali.
Riteniamo che questi approcci agli investimenti vadano rivisti, partendo da un concetto fondamentale in materia di investimento: la diversificazione.
Noi di Tetragono crediamo molto nell’importanza della diversificazione nella costruzione dei portafogli e stiamo lavorando al lancio di una strategia di investimento che utilizzerà la diversificazione come suo pilastro principale.
Abbiamo trovato questa tabella, elaborata da Schroders, che evidenzia l’importanza, oltre che l’utilità, di diversificare il modo in cui vengono effettuati gli investimenti ed impostati i portafogli, e ci supporta nella convinzione che una adeguata diversificazione può aiutare a ridurre la rischiosità di un portafoglio e, al contempo, anche migliorarne la performance di lungo periodo.
L’asset class “Equities” si riferisce alla performance dei mercati azionari mondiali rappresentata dalla performance dell’indice MSCI World Total Return Index. L’asset class “Govs” si riferisce alla performance dei titoli governativi nel mondo, “Commodities” si riferisce alla performance di una selezione di 22 materie prime in 7 settori sintetizzata dal Bloomberg Commodity Index, “Property” rappresenta i ritorni su immobili commerciali in UK e, infine, “Cash” rappresenta i rendimenti a tre mesi della sterlina (Schroders è una casa inglese e riporta dati in sterline o riferiti a determinati asset in UK, ma la tabella è comunque utile per una serie di riflessioni).
Ovviamente le performance passate non sono una guida per le performance future, ma questi dati possono aiutare a motivare alcune importanti considerazioni.
I prezzi delle Commodities sono l’asset class che ha performato peggio negli ultimi anni, perché la crisi finanziaria globale ha influito negativamente (e pesantemente) sui trend della domanda e sui livelli dei prezzi di praticamente tutte le materie prime. Un investimento di 100 sterline in commodities nel periodo 2011 – 2015 si sarebbe ridotto a 49, con una perdita composta annua del 13,5%. Il rimbalzo delle commodities avvenuto nel 2016, nell’ordine dell’11%, avrebbe portato il risultato di questo investimento da 49 a 54 entro la fine del 2016.
Le azioni, nello stesso periodo, hanno fornito ritorni interessanti ai loro investitori, in un contesto in cui la ripresa economica e la liquidità fornita dalle banche centrali, con bassi tassi di interesse ed elevate iniezioni di liquidità, hanno posto le basi per un periodo positivo per i mercati finanziari. 100 sterline investite in azioni nel 2011, pur considerando una perdita del 6% nel primo anno, sarebbero diventate 170 alla fine del 2016, con un ritorno annuo composto del 9,2%.
Ovviamente è impossibile basare una decisione di investimento sul ritorno stimato a priori di una asset class, quindi diventa fondamentale il modo in cui si decide di impostare il proprio portafoglio.
La riduzione del rischio: la prima riflessione che ci sentiamo di fare, guardando questa tabella, è che una adeguata diversificazione tra asset class permette di gestire le incertezze legate alle singole tipologie di attivi e di ridurre il rischio implicito in ogni singolo investimento. Restando all’esempio di Commodities e Equities, una diversificazione del 50% tra queste due asset class nel periodo 2011 – 2015 avrebbe permesso di ottenere un profitto del 3,2% nel periodo invece della perdita superiore al 51% che si sarebbe subita investendo solamente in commodities.
La riduzione della volatilità: altra riflessione è legata alla volatilità del portafoglio, intesa come la possibilità che, data l’entità dei cambiamenti di valore del valore dell’investimento nel tempo, una necessità di disinvestimento possa sopraggiungere in un momento in cui l’investimento è in perdita. In un portafoglio diversificato è molto probabile che esistano delle asset class che, in ogni momento, possono essere liquidate con profitto nel caso in cui si debba disinvestire una parte del portafoglio.
L’aumento della liquidità: in momenti di stress dell’economia, è vero che i mercati finanziari e le borse correggono, ma è anche vero che le quotazioni del settore immobiliare risentono di una situazione di tensione indebolendosi e, spesso, i tempi necessari per la liquidazione di un investimento immobiliare si allungano. L’investimento azionario, se avviene attraverso mercati liquidi e trasparenti, permette di smobilizzare una parte del portafoglio, per quanto a prezzi in calo, nel giro di pochi minuti.
Ovviamente un eccesso di diversificazione può portare a risultati opposti a quelli auspicati, ad esempio per la difficoltà di gestire un portafoglio con troppi titoli e troppe asset class.
Allo stesso tempo, una diversificazione effettuata senza considerare la correlazione tra le asset class utilizzate, rischia di costruire un portafoglio in cui gli attivi tendono a muoversi nella stessa direzione limitando, nella realtà, i potenziali benefici che abbiamo evidenziato sopra.
Attenzione dunque alla diversificazione per asset class, per area geografica, ed attenzione al rischio all’interno della singola asset class: probabilmente un portafoglio di azioni di qualità è in grado di realizzare performance migliori, anche in periodi di stress per i mercati, di un portafoglio di obbligazioni ad alto rendimento emesse da aziende non di qualità.
Qui sotto, a titolo di esempio, le performance di diversi portafogli, costruiti utilizzando diverse asset class, nel periodo 1926-2016 (i dati sono calcolati da Morningstar): appare evidente la maggiore redditività, accompagnata da una maggiore volatilità (e rischiosità), nel lungo periodo, dei portafogli costruiti utilizzando una maggiore componente azionaria.