Nonostante le numerose fonti di preoccupazione con cui ci confrontiamo da diversi mesi, dalla politica al terrorismo ai rischi di conflitti in diverse aree del mondo, la volatilità nei mercati si trova su livelli particolarmente contenuti e gli asset più rischiosi stanno aumentando di valore, sostenuti dai fondamentali: moderata crescita economica, inflazione contenuta, tassi di interesse bassi e stabili o in moderato rialzo. In questo contesto riteniamo che sia corretto prendere in considerazione un cambiamento di scenario, con il rischio di aumento della volatilità e di una correzione nei mercati. E riflettiamo sull’evoluzione dell’impostazione dei portafogli in un mercato che, prima o poi, si rivelerà meno attraente per gli investitori. Ma ci siamo chiesti se abbia senso impostare un atteggiamento difensivo solo su considerazioni basate sul “campanello di allarme” rappresentato da una volatilità particolarmente bassa.
Abbiamo trovato questo grafico interessante di Schroders, che analizza la relazione tra il livello del VIX e la performance dell’S&P500 nei 12 mesi successivi.
L’indice Vix, il cosiddetto “misuratore di paura” del mercato, si attesta in questi giorni ad un livello di circa 10 punti: livello eccezionalmente basso rispetto ai suoi livelli di lungo termine. E solo al di sopra del livello minimo di 9 che è stato toccato nel 1993. Dal 1990 l’indice si è attestato mediamente a 20.
Il Vix dà una rappresentazione, in ogni momento, della quantità di volatilità che i traders al CBOE si attendono, per l’indice S&P 500, nei 30 giorni successivi.
La recente calma nei mercati ha aumentato i campanelli di allarme tra gli investitori, con la preoccupazione di over-accondiscendenza nei confronti dei mercati.
Tuttavia, se guardiamo indietro nel tempo, una strategia basata sulla vendita di azioni solo e semplicemente sulla base di una indicazione fornita dal “VIX basso”, non si sarebbe rivelata una strategia vincente.
Il grafico elaborato da Schroders mostra le performance dell’S&P500 in seguito a diversi livelli di VIX toccati nella storia, raggruppando i livelli di VIX in range del 5%. Questa ripartizione permette di effettuare un’analisi dai risultati significativi ed interessanti.
Quando il Vix è stato nel 5% più basso dei suoi valori (ad un livello di 11,6 o inferiore), l’S&P 500 ha storicamente generato un rendimento medio dell’11% nei 12 mesi successivi, secondo l’analisi di Schroders.
Piuttosto che un anticipatore di “correzione”, un basso Vix è stato in effetti associato a rendimenti positivi. Non così buoni come quelli realizzati in seguito a livelli di Vix più elevati, ma comunque positivi.
Al contrario, il momento peggiore per comprare le azioni americane è stato effettivamente quando il Vix si è attestato su livelli relativamente elevati. Tipicamente, i picchi di Vix si realizzano nelle fasi di correzione dei mercati. Storicamente, quando il Vix si è attestato in zona 22-25, i mercati erano tendenzialmente ancora in fase di correzione e gli investitori che hanno acquistato sulla base di questa indicazione hanno subito delle perdite realizzando, nei 12 mesi successivi, solo dei modesti guadagni.
Invece nei momenti in cui gli investitori sono diventati “isterici” – ovvero quando il Vix ha raggiunto livelli nell’intorno di 30 o superiori – i più coraggiosi hanno realizzato i guadagni maggiori, nei 12 mesi successivi, investendo nelle azioni dell’S&P 500.
Il vecchio adagio degli investitori “vincenti”, che invita ad essere aggressivi quando tutti hanno paura, sembra giustificato da questa analisi.
Come per tutti gli investimenti, il passato non è necessariamente una guida per il futuro, ma la storia sembra suggerire che prendere le proprie decisioni di vendita puramente sulla base dei bassi livelli di volatilità, non sia una strategia vincente.