Il mondo politico ci ha abituati ad assistere a uno spettacolo pieno di vivaci contrasti: Trump e Clinton ci hanno mostrato i toni accesi di una competizione senza esclusione di colpi, con Hillary costretta a combattere nonostante il malessere intervenuto nel mezzo del combattimento, e parte della sua strategia ha richiesto anche che lo nascondesse finché possibile per essere sempre in grado di rispondere ed attaccare sullo stesso livello di energia dell’avversario.
Le Pen e Macron si sono confrontati lasciando scorrere alle loro spalle una scenografia che presagiva la possibilità di cambiamenti radicali, per il paese culla delle moderne democrazie e, di conseguenza, per tutto il vecchio continente.
Il dibattito mai interrotto in Italia vede oggi opporsi Renzi, Salvini, Grillo e Berlusconi, tutti, a modo loro, con stili diversi, ma comunque accomunati da un importante peso dato al modo di presentarsi sulla scena. Una scena calcata dai nostri protagonisti a soddisfare la domanda di vivacità sempre espressa dall’elettore mediterraneo, che non saprebbe accettare passivamente la monotonia che ormai nel mondo non sembra più presentarsi.
La sequenza sopra descritta attribuisce, proprio per le sue caratteristiche, maggiore interesse a quanto è avvenuto in Germania: mentre in tutto il resto dell’ occidente le elezioni sono appena passate o non ancora convocate, ma il clima passionale non si spegne, negli ultimi giorni di campagna elettorale, di fronte al voto che avrebbe determinato la vittoria di uno o dell’altro, il dibattito politico tedesco si è staccato nettamente dal resto del mondo. Ripetendo la metafora del palcoscenico, non troviamo una scena che si sviluppa rumorosamente in una piazza assolata: la scena tedesca non ci lascia nemmeno intravvedere il cielo. L’origine della anonima luce che la illumina sembra svolgersi costantemente in un grigio salotto in cui due persone si incontrano, si parlano con toni tra il moderato e il basso, il pubblico, in silenzio ascolta lo scambio di opinioni di due persone che si rispettano, le cui vedute coincidono nella dichiarazione degli obiettivi, si discostano in alcuni aspetti realizzativi.
L’associazione dell’immagine di Angela Merkel con l’assenza di visione di lungo termine, la sua apparente incapacità di trascinare il popolo su una nuova strada, la fa apparire noiosa, soporifera. Guardandola con maggiore attenzione scopriremo che la sua maggiore attenzione è rivolta a consentire una vita per quanto possibile comoda e sicura ai suoi concittadini. Questo tipo di ambizione, così definito, non attira la prima pagina dei giornali. Se poi il proposito viene anche raggiunto, dove è la notizia? Spesso è vero che se i giornali parlano di te, qualcosa non sta funzionando, al contrario, la noia della prevedibilità può essere sintomo di un funzionamento complessivo gradito.
Fino a ieri credevamo di dovere attendere il post elezioni per osservare come il nuovo governo avrebbe affrontato un tema evaso durante la campagna elettorale. Le prime comunicazioni di Schulz, non seguite dagli elettori, avevano toccato la cresciuta iniquità sociale, caratteristica della Germania di Angela Merkel. Le indicazioni dei sondaggisti lo hanno convinto ad abbandonare il tema e ad allinearsi maggiormente all’esempio dell’intramontabile successo. Pensavo che comunque il tema avesse necessità di essere affrontato prima della sua emersione spontanea, pena le conseguenti maggiori difficoltà nel gestirlo. In passato mi ero soffermato a valutare gli effetti di uno stile di governo basato sul consenso, sulle indicazioni dei sondaggi, un governo condotto volutamente da “dietro”, non trainante, ma trainato.
Guidare dalla posizione arretrata è la peculiarità del vero leader: conosciamo esempi tra i più disparati. Si pensi a Wynton Marsalis e alla sua conduzione della Jazz at Lincoln Center Orchestra, spesso dalla posizione posteriore a destra guardando dal pubblico,(https://www.youtube.com/watch?v=oGR947AOvlg). Ricordiamo anche il gesto di Buffon al canto degli inni nazionali dell’amichevole Italia-Francia (https://www.youtube.com/watch?v=ArJCBBN0RYA), entrambi esempi di leadership non dal palco in ambiti totalmente diversi.
Il sospetto sempre espresso è che, quando il leader eletto continua a guidare seguendo i sondaggi che ne consentono un migliore galleggiamento, non ci vuole molto perché l’elettore intuisca che il potere è nelle sue mani. Quando l’elettore si riappropria della delega, il suo esercizio, meno mediato, può diventare più estremo.
Non mi aspettavo di vedere realizzata in così breve tempo l’evoluzione che avevo immaginata, le variazioni di voto indicate dal popolo tedesco appaiono però chiarissime: Il partito di Angela Merkel è il primo per perdita di peso, seguito dal partito di Schulz che forse aveva iniziato la campagna elettorale toccando il tasto giusto, abbandonandolo troppo presto sulle indicazioni dei sondaggisti che ancora non hanno capito il grande cambiamento in atto (preannunciato dalle recenti elezioni nord americane, dove l’elettore in realtà ha dichiarato di non gradire nessuno dei due candidati). Il tema che sfugge ai sondaggisti, ma anche ai politici a noi ancora oggi noti, è che la classe elettorale dominante non è più quella dei “baby boomers”: i “millennials” stanno assumendo la leadership, anche in termini di numerosità dei votanti e con loro cambiano le preferenze politiche.
Queste elezioni la cui campagna elettorale è stata la piu’ composta, noiosa, meno scenografica del mondo occidentale, sono probabilmente quelle che con maggiore chiarezza segnano il passaggio del testimone da una generazione all’altra. La composizione del governo che si darà la Germania sembra meno aperta a concessioni verso l’Unione Europea. Il governo che emergerà potrebbe ancora rappresentare la vecchia classe elettorale. Innegabile però che da oggi il tema della successione di Angela Merkel va affrontato, probabilmente con urgenza e, se il partito ha capito il cambiamento strutturale avvenuto, il nuovo nome mostrerà uno stacco sensibile rispetto al pensiero fino ad oggi prevalente. Queste elezioni consegnano il governo per la quarta volta allo stesso nome, e contemporaneamente ne “rottamano” (per utilizzare una terminologia recentemente introdotta in Italia) quasi tutto.
Nella formazione già battezzata “Giamaica” vedremo presenti componenti di rilievo normalmente in attrito tra di loro (Verdi e Liberali): la capacità negoziale di Angela Merkel riuscirà a unirli in un progetto comune che verrà presentato entro i prossimi due mesi circa. Quello che possiamo già immaginare è che forse rimpiangeremo la “morbidezza” di Schauble nelle sue “concessioni” all’Europa Mediterranea, e potremo assistere a uscite “innovative” in termini di politica estera (relazioni con la Russia nell’orientamento anche del Partito Liberale). Dopo tre mandati, Angela Merkel ha guadagnato sicuramente un apprezzabile allenamento nel gestire le frizioni di governo: dopo questi dodici anni però, gli ultimi quattro si presentano come i meno riposanti.
Lo scenario politico occidentale ci ha offerto uno spettacolo a note forti, swing molto accentuati, siamo passati dal blues al rock nella descrizione di eventi che per ora mostrano molto la facciata, ma che sembrano attendere la sostanza mancante dal suono di un’orchestra che ha continuato a produrre solo musica seriale. Presto inizieremo ad ascoltare il suono del finale: sarà molto sperimentale? Non sembra che ci sposteremo sul romantico.
Per i mercati finanziari, l’esito di queste elezioni ci dice che continueremo a convivere con grandi dubbi: l’attenzione dovrà tornare solo sui fondamentali, che da un po’ di tempo si mostrano positivi. Di sicuro la calma e l’effetto soporifero dei toni elettorali non corrispondevano alle implicazioni della sostanza sottostante, al contrario del gran ribollire superficiale, con implicazioni meno nette altrove.
Grandissimo esempio, per i cultori dei dialetti locali, del significato di “bronsa coerta”.