Ottobre è stato un mese complicato per i mercati finanziari. Un quadro macroeconomico positivo che difficilmente potrà migliorare e presenta segnali di rallentamento, inflazione e tassi di interesse in rialzo con politiche monetarie in prospettiva sempre meno espansive, tensioni interne all’area euro e l’assenza di chiarezza sull’esito delle trattative commerciali tra USA e Cina, spiegano la correzione registrata da tutte le asset class. In ottobre gli indici azionari, le obbligazioni e l’euro nei principali cross valutari hanno registrato performance negative raggiungendo i livelli più bassi dall’inizio del 2018.
In particolare, nei mercati azionari, dove continuiamo a concentrare la parte principale della nostra analisi, diversi segnali ci inducono a non escludere l’avvicinarsi della fase di passaggio dall’espansione al rallentamento economico, con utili aziendali “di picco” che gli investitori saranno disposti a pagare sempre meno. In pratica un “ri-prezzamento” delle asset class, che ci induce a non investire nella parte piu “cara” dei mercati, ed a cercare opportunità di investimento in società sostenute dai fondamentali: generazione di cassa, generazione di utili e dividendo sostenibile.
In ottobre abbiamo deciso di ridurre ulteriormente il profilo di rischio del portafoglio.
Abbiamo abbassato la componente azionaria dal 15% delle prime sedute del mese al 2% delle ultime, pur con un allungamento “tattico” nella parte centrale. Questo movimento è avvenuto attraverso la “copertura” di tutte le posizioni azionarie con i futures sugli indici di riferimento e con l’azzeramento dell’esposizione al Giappone. Unica eccezione: la posizione sul mercato cinese, aperta a fine settembre, che abbiamo mantenuto puntando ad un miglioramento del quadro generale in grado di sostenere i livelli degli indici dopo la forte correzione degli ultimi mesi. In pratica nel portafoglio azionario continuiamo a lavorare prevalentemente sulla performance relativa dei nostri investimenti rispetto ai loro mercati di riferimento.
Nella componente obbligazionaria abbiamo azzerato la posizione “corta” sul treasury USA a 10 anni e quella sul debito subordinato delle banche europee, mantenendo l’investimento su obbligazioni corporate Investment Grade a tasso variabile in dollari, su governativi dei paesi emergenti in valute “forti” (non in valuta locale) ed il “corto” sui governativi tedeschi a 10 anni. Con questa struttura dell’allocazione nel reddito fisso, e considerando la componente di obbligazioni governative a breve termine, la duration del portafoglio obbligazionario non “money market” si attesta a -1,7 anni e la duration complessiva del fondo è prossima allo zero.
Abbiamo eliminato parte delle coperture sul dollaro mantenendo la diversificazione rispetto all’euro nell’intorno del 20%.
Iniziamo il mese di novembre con una performance del portafoglio modello non positiva che peraltro, se inquadrata nel contesto di mercato che ha caratterizzato il 2018, ci induce a guardare alla parte finale dell’anno con la consapevolezza di avere costruito un portafoglio in cui le fonti di rischio hanno ampio spazio per essere incrementate con l’obiettivo, immutato rispetto alle nostre intenzioni originarie, di generare una performance positiva coerente con un profilo di rischio moderato.
Su questa base assumiamo un approccio meno difensivo, eliminando le coperture su tutte le posizioni azionarie europee, incrementando gli investimenti azionari nell’area e riducendo l’esposizione al dollaro: non sottovalutiamo la complessità della fase di mercato in cui stiamo operando, ma riteniamo che in alcune aree si stiano presentando delle interessanti opportunità di investimento.