Il mese sarà ricordato, e non sarà l’unico di questo 2020, sia per l’entità dei movimenti registrati da diversi indici ed asset class sia per i movimenti all’interno degli indici e delle asset class stesse. Due i fattori di rilievo: l’elezione del nuovo presidente americano, che ha innescato una serie di riposizionamenti su azioni, divise e tassi di interesse, ed il flusso di notizie positive sui vaccini contro il COVID-19, che ha portato l’attenzione dei mercati su un ritorno alla normalità nel 2021 più che sulla preoccupante ripresa del virus che sta caratterizzando l’autunno. Probabilmente anche gli investitori più scettici stanno rivedendo il loro approccio alle azioni, sull’assunto che lo shock causato dalla pandemia sugli utili aziendali sia assimilabile ad un disastro naturale (con significativo impatto iniziale ma rapida ripresa) più che ad una classica recessione.
È vero che ci attendono mesi difficili sul fronte della salute e dell’economia, ma l’arrivo del vaccino permetterà a consumatori, aziende ed investitori di guardare “oltre”.
Pensiamo che sia iniziata una nuova fase di mercato, in cui vedremo un aumento dei tassi di interesse, a cominciare dalla parte lunga delle curve, non direttamente governata dalle banche centrali, ed il ritorno di capitali verso i temi maggiormente penalizzati dalla pandemia, come le azioni del settore finanziario, quelle più esposte al ciclo e quelle del settore energetico. E non escludiamo un deflusso di capitali dai temi che più hanno beneficiato della pandemia, come la tecnologia ed i settori più difensivi.
In sintesi: una significativa “rotazione”, già iniziata, con forza, nella seconda settimana di novembre e con i presupposti per continuare nei mesi a venire. Rotazione dalle obbligazioni alle azioni, dai settori difensivi a quelli ciclici, dai temi “growth” a quelli “value”, dalle azioni americane a quelle europee, dai paesi sviluppati a quelli emergenti, dall’oro alle materie prime industriali. Rotazione che potrebbe avvenire anche senza crescite significative degli indici azionari, a meno della prosecuzione dei flussi in entrata sulle azioni che abbiamo visto in novembre.
Ci attendono mesi interessanti, in cui emergeranno nuove opportunità di investimento e, allo stesso tempo, fattori di tensione nelle asset class in cui le valutazioni saranno difficili da giustificare sulla base delle aspettative di lungo periodo.
In particolare non escludiamo un problema di sostenibilità del debito, anche a causa del forte aumento delle emissioni registrato nel 2020. Il mondo corporate potrebbe doverlo affrontare con significativi aumenti di capitale, mentre a livello governativo potrebbe emergere la necessità di svalutazioni e default nel caso dei paesi con le finanze più deboli.
Per questo siamo particolarmente cauti sull’investimento obbligazionario. Pur mantenendo un portafoglio ampiamente diversificato, nel rispetto della filosofia del portafoglio modello, pensiamo che le aree più interessanti siano nelle azioni, nelle divise e nelle materie prime.
Il portafoglio modello, posizionato da mesi sui temi meno ciclici, non ha beneficiato della fase iniziale della rotazione. Tuttavia, sulla base delle considerazioni appena illustrate, abbiamo deciso di modificare in maniera radicale l’asset allocation già nella prima metà del mese.
Nelle azioni abbiamo ridotto l’esposizione a consumer staples e utilities (-5% ognuno), healthcare e real estate (-4% ognuno), consumi discrezionali (-3%) e comunicazioni (-2%) per incrementare le posizioni nel comparto energetico (+13%), nei finanziari e materiali (+6% ognuno), nella tecnologia e negli industriali (+2% ognuno). In attesa di conferme sulla sostenibilità di questo movimento abbiamo impostato il nuovo portafoglio modello essenzialmente attraverso indici e non sui singoli titoli, liquidando una parte del portafoglio azionario ed investendo temporaneamente la liquidità in titoli governativi a breve scadenza. L’esposizione netta alle azioni è passata dal 35% al 59%, con un aumento sia della componente lunga (+33%) sia di quella corta (+10%). Abbiamo ridotto la duration obbligazionaria da 4 a 0,8 anni.
Nelle materie prime abbiamo spostato parte dell’esposizione all’oro (3%) sui metalli industriali, più impattati dalla ripresa del ciclo. Nelle divise abbiamo aumentato l’esposizione alla sterlina (+8%) riducendo quella al dollaro (-3%) a fronte della chiusura della posizione corta sulla lira turca.