Le incertezze osservate sui mercati da fine gennaio, in febbraio e confermate anche in marzo, hanno portato molti titoli azionari a trattare a valutazioni “depresse” che ci inducono a riflettere con attenzione sull’importanza di questo momento dal punto di vista delle scelte di investimento.
L’esposizione azionaria del portafoglio modello a fine marzo, intorno al 30%, si concentra prevalentemente nelle aree principali del mondo sviluppato: Europa, Giappone e USA. Con un’esposizione sia a settori tradizionalmente difensivi sia a temi associati a scelte di portafoglio aggressive.
Per la parte difensiva: L’Oreal, Nestle e Bayer in Europa. La scelta è basata su considerazioni di natura fondamentale. L’Oreal è l’indiscusso leader globale del suo settore e oggi, caso molto raro negli anni, tratta a sconto rispetto ai suoi diretti concorrenti. Nestle presenta una valutazione interessante, anche se non estrema, associata ad un rendimento da dividendo sostenibile: elemento per noi di rilievo anche in uno scenario in cui prevediamo tassi di interesse in aumento. Bayer è “depressa” perché sta effettuando un’operazione straordinaria molto importante: in caso di successo nella fusione con Monsanto raddoppierà la propria dimensione ad un prezzo particolarmente contenuto, unendosi ad un’azienda patrimonializzata, ricca di cassa e capace di genere un alto livello di free cash flow in modo sostenibile.
Gli altri settori in cui stiamo investendo sono l’assicurativo e quello dei servizi finanziari, entrambi rappresentati attraverso due società che si caratterizzano per il forte contenuto innovativo della loro offerta: Synchrony Financial e Progressive Corporation.
Il settore più innovativo è rappresentato da emittenti che avvicinano le nuove teconologie informatiche alla distribuzione commerciale digitale. Tra questi oggi si trovano emittenti a valutazioni in altri tempi riservate a operatori estremamante tradizionali, quasi morenti e guardati solo dagli operatori di private equity.
Ricordate il periodo a cavallo tra anni ’90 e 2000? Spesso leggiamo di valutazioni “stellari”, o comunque “care”, come conseguenza dei 9 anni di rialzo dei mercati. Nell’ambiente cosi pessimisticamente descritto abbiamo individuato società come YY, Sina e Alibaba: ROE del 45%, EBITDA/fatturato del 27%, Prezzo/free cash flow inferiore a 5 volte, Prezzo/utile di 9 volte, Debito/Asset del 20%. A questi valori oggi si prezza la new economy! Proprio quando è evidente che sta funzionando: esistono ancora valutazioni a questi livelli nei settori definiti “growth” (non più solo nelle speranze, ora anche nei consuntivi).
Come giustifichiamo queste valutazioni? Forse sono una conseguenza della “moda” delle gestioni passive? Meglio. Almeno per chi, come noi, si concentra anche sui modelli di business e sulle valutazioni.
La nostra posizione sul rischio di tasso di interesse è “corta” da gennaio. Sia perché ci attendiamo, soprattutto nell’area dollaro, un graduale recupero nei rendimenti obbligazionari (con conseguenti perdite in conto capitale), sia per il modo “fantasioso” dell’amministrazione USA di affrontare le sue prossime necessità di rifinanziamento: pensiamo che sia importante “corteggiare” i creditori come la Cina, non penalizzarli con dazi sulle importazioni.
Al momento il portafoglio modello non presenta rischi di cambio attivi: tutte le posizioni sono totalmente coperte e convertite in euro.
Riteniamo che le condizioni macroeconomiche rimangano positive. Ma il comportamento dei mercati, come spesso capita, si può discostare per periodi piu` o meno lunghi dalla realtà sottostante. In questo momento i fattori di disturbo politico (quindi esogeni alle considerazioni puramente economiche) mostrano un peso rilevante nella formazione delle aspettative di breve degli investitori, che trasferiscono ai mercati finanziari anche l’emotività che si accumula sempre nelle fasi di forte incertezza.
Il direttore d’orchestra negli Stati Uniti gradisce un ritmo acceso e a tratti anche fortemente sincopato. Il pezzo jazz che stiamo ascoltando si trova in una fase molto animata, ancora precedente al gran finale. Rimanendo nell’ ambiente geografico e culturale americano, pensiamo di non essere ancora nel momento in cui Chuck Prince disse «Finché la musica suona devi alzarti e ballare. E noi stiamo ballando». Il 10 luglio 2007 pronunciò questa frase, e poco tempo dopo perse il posto di lavoro e la sua banca fu nazionalizzata.
Il ritmo per ora non assomiglia nemmeno da lontano ai toni della musica dodecafonica, tanto meno a quella aleatoria, sottoespressione della prima che reagisce alla musica seriale, fino a ieri preferita dalla Yellen.