Grazie alle campagne vaccinali ed alle progressive riaperture delle economie il mondo dei servizi, la produzione industriale ed i consumi privati stanno evidenziando il materializzarsi della ripresa economica che i mercati finanziari scontano da mesi. Allo stesso tempo, per quanto il quadro economico resti positivo, il ciclo sembra maturare molto rapidamente grazie al sostegno delle politiche fiscali ed economiche espansive, ed il momentum di questa ripresa sta rallentando. Gli indicatori manifatturieri hanno smesso di migliorare, gli indicatori di “sorpresa economica” si stanno stabilizzando (nel senso che i dati, per quanto positivi, tendono a non battere le attese) ed i tassi di revisione degli utili aziendali, sui massimi, pongono le premesse per un rallentamento della crescita dei mercati azionari.
In questo contesto, a maggio, gli indicatori economici ed i mercati finanziari hanno iniziato a rappresentare uno scenario diverso rispetto a quello in cui ci siamo mossi da novembre ad aprile. Uno scenario che rimane di reflazione, ovvero di crescita economica dovuta a politiche espansive, ma in cui rallentano i tassi di crescita e finisce la fase della ripresa “a V” di economia e mercati finanziari. Uno scenario nuovo, certamente più complesso, in cui è ragionevole attendersi rendimenti inferiori rispetto a quelli degli ultimi mesi. Siamo in una fase nuova in cui le banche centrali iniziano a pensare alla fine del “quantitative easing”, gli aumenti dei prezzi delle materie prime e del costo del lavoro comprimono i margini aziendali e inducono ad aumenti dei prezzi, gli aumenti dei prezzi generano un’inflazione superiore a quella degli ultimi anni che probabilmente è già prezzata dalle obbligazioni inflation linked, i rendimenti obbligazionari si stabilizzano e nelle azioni prosegue la rotazione dai settori forti del 2020 (soprattutto tecnologia e consumi discrezionali) a quelli più sensibili al ciclo ed ai tassi di interesse (finanziari, industriali, energetici e materiali).
In questa fase la nostra analisi si concentra su due aspetti: inflazione e liquidità dalle banche centrali. Per l’inflazione l’obiettivo è capire se si tratti di un fenomeno temporaneo, come sostengono diversi banchieri centrali, oppure strutturale, che potrebbe avviare un riprezzamento significativo di tutte le asset class. Per la liquidità l’obiettivo è capire gli effetti combinati della minore liquidità dalle banche centrali e dello spostamento della liquidità degli investitori dai mercati finanziari all’economia reale: i rischi sono nella sostenibilità delle valutazioni delle asset class più care e nel fatto che i mercati, abituati da anni a convivere con politiche monetarie espansive, affrontino con un eccesso di volatilità l’inizio di una fase restrittiva.
Nell’attività di gestione abbiamo affrontato la prima parte del mese con una asset allocation che ha risentito dell’esposizione alle azioni ed al dollaro, la cui debolezza è stata solo parzialmente compensata dal contributo positivo dell’esposizione alle materie prime. La riduzione della rischiosità complessiva del portafoglio modello che abbiamo implementato nella terza settimana ci ha permesso di partecipare solo marginalmente al recupero dei mercati azionari della seconda metà del mese. Per il momento manteniamo un’impostazione in cui le fonti di rischio provengono prevalentemente dalle azioni (con un portafoglio modello posizionato per ripresa economica e inflazione in aumento) e materie prime.
In maggio abbiamo marginalmente ridotto l’esposizione alle azioni (dal 55% al 53%) riducendo sia la componente lunga (-4%) sia quella corta (-2%), azzerato l’esposizione ai mercati emergenti (-5%), aumentato il peso delle azioni europee (+5%) e, a livello settoriale, di finanziari (+5%) e consumer discretionary (+2%) riducendo consumer staples e information technology (-4% ognuno), healthcare, materiali ed industriali (-2% ognuno). Abbiamo aumentato il peso delle materie prime (dal 17% al 22%) con acquisti di metalli preziosi e industriali (+2% ognuno), e petrolio (+1%) e, a livello valutario, abbiamo ridotto l’esposizione al dollaro (-16%) a fronte di acquisti di renmimbi cinesi e real brasiliani (+5% ognuno) e, in via residuale, sterline, franchi svizzeri ed euro.