Con giugno si è chiuso uno dei peggiori semestri per i mercati finanziari degli ultimi cinquant’anni. Il mese, particolarmente negativo dal punto di vista delle performance di tutte le asset class, è stato caratterizzato dal peggioramento delle aspettative sull’evoluzione del ciclo economico, ed i mercati hanno iniziato a prezzare, oltre all’inflazione su livelli straordinariamente elevati, anche un aumento del rischio di recessione nelle diverse aree del mondo. Le banche centrali hanno dimostrato chiaramente la propria volontà di contrastare l’inflazione: oltre allo 0,75% di aumento dei tassi ad opera della FED (superiore alle attese) è significativo il rialzo di mezzo punto deciso dalla Banca Nazionale Svizzera, che negli ultimi anni aveva mantenuto una politica particolarmente espansiva anche al fine di evitare un eccessivo rafforzamento del franco.
In questo scenario i principali indici azionari occidentali hanno perso tra l’8% ed il 9%, con i risultati peggiori concentrati nei settori ciclici, in particolare titoli energetici, materiali e finanziari. Positivo, in controtendenza, il mercato azionario cinese (+10% il FTSE China A50), che ha contribuito alla leggera sovraperformance degli indici emergenti rispetto a quelli sviluppati. Le materie prime hanno bruscamente interrotto il trend rialzista iniziato a marzo 2020 (-7% quelle energetiche, -9% le agricole e -15% quelle industriali). Nelle divise, guidate tra l’altro dai movimenti sui tassi a breve dettati dalla politica monetaria, è proseguito il rafforzamento di dollaro e franco svizzero sui principali cross.
La performance dei titoli governativi, i cui rendimenti sono aumentati nella prima parte del mese, dominata dal tema inflazione, e scesi nella seconda, quando hanno prevalso le aspettative recessive, non rappresenta adeguatamente le tensioni emerse nei mercati obbligazionari, dove a livello “corporate” le emissioni sono in forte calo (ai minimi degli ultimi quattro anni) e gli spread continuano ad allargare segnalando un aumento delle criticità anche per l’economia reale. Un dato particolarmente significativo: a fine giugno oltre 40 miliardi di obbligazioni corporate europee trattano a spread superiori a 10 punti percentuali rispetto ai governativi di pari scadenza. Erano 6 miliardi a fine 2021 e 20 miliardi a fine maggio. Il raddoppio dello stock di debito “distressed” nel solo mese di giugno è un chiaro indicatore di come il debito corporate ed i rating creditizi siano destinati a subire pressioni crescenti, nei mesi a venire, a causa del persistere delle tensioni inflattive, della riduzione dei redditi reali e del focus delle banche centrali sull’inflazione piuttosto che sulla crescita.
Il peggioramento delle condizioni finanziarie dell’economia è evidente anche dall’analisi dei trend della raccolta di capitali nei mercati azionari: nei primi sei mesi dell’anno sono stati raccolti fondi pari a circa il 10% di quanto raccolto nel primo semestre 2021. Le implicazioni di questi dati sono negative: in generale la riduzione della capacità di finanziamento delle aziende, e l’effettiva riduzione delle loro risorse finanziarie, implica meno investimenti e, a tendere, minore crescita economica.
Dopo anni caratterizzati da eccessi di liquidità in tutte le asset class l’economia reale sembra oggi destinata a un cambiamento di prospettive radicale.
In questo contesto abbiamo ridotto la rischiosità del portafoglio rispetto alla fine di maggio, riducendo in particolare la componente ciclica.
Abbiamo ridotto l’esposizione netta alle azioni (-33,7%) attraverso la riapertura delle posizioni futures a copertura del portafoglio (+37,45%) ma con un marginale incremento delle posizioni lunghe (+3,78%). A livello settoriale abbiamo aumentato l’esposizione a Information Technology (+1,45%), energetici e farmaceutici (+1% ognuno), riducendo consumer discretionary e materiali (-1% ognuno) e industriali (-3%).
Abbiamo modificato l’esposizione alle materie prime (-1,5%), azzerando la componente industriale (-4,5%) ed agricola (-2%) ed aumentando del 5% il peso dell’oro. Nelle obbligazioni abbiamo azzerato l’esposizione alla componente corporate (-1,8%) ed ai governativi Investment Grade (-2,6%), riducendo la duration del portafoglio obbligazionario da 5,6 a 2,1 anni e la duration complessiva del fondo da 0,7 a 0,2 anni.
Nelle divise, a parità di diversificazione rispetto all’euro, abbiamo aumentato l’esposizione a dollari (+8,5%) e yen (+1%) riducendo in particolare l’esposizione al franco svizzero (-8%).