Il mese di giugno ha visto il dollaro rafforzarsi in modo netto per poi chiudere il mese con un altrettanto chiaro indebolimento: parte del movimento è riconducibile ad alcune iniziali dichiarazioni di fonte italiana sul tema dell’onorabilità del debito pubblico. Al primo scivolone italiano sono seguiti commenti più ortodossi: il rientro della quotazione del dollaro è stato rapido ma è rimasta una dose di diffidenza verso l’euro. Considerando che il dollaro rappresenta non solo un bene rifugio per i mercati globali, ma anche una parte del paniere dei consumi dei nostri investitori, abbiamo ritenuto opportuno mantenere una esposizione alla divisa, che ha generato, però, un incremento di volatilità nella valorizzazione di breve del portafoglio.
Fattori di incertezza sempre riconducibili alla situazione italiana hanno prodotto un flusso a favore dei beni rifugio, spingendo al rialzo la valutazione delle obbligazioni in dollari i cui rendimenti sono scesi in controtendenza rispetto alle indicazioni dell’analisi fondamentale dell’economia americana: la piena occupazione è stata raggiunta, il tasso di inflazione ormai supera in modo stabile il tasso obiettivo e lo sviluppo del GDP appare assestato oltre il 3% annualizzato. Nel mese la nostra posizione nel reddito fisso è stata penalizzata da questi movimenti, e ha contribuito negativamente alla performance. La nostra analisi ci porta alla considerazione che i tassi di mercato oggi negoziati sul dollaro non siano in equilibrio: manteniamo una duration negativa nel portafoglio obbligazionario del fondo.
In questo scenario i mercati azionari di tutto il mondo hanno dimostrato una certa sofferenza, più accentuata in Europa, che viene percepita come l’epicentro delle difficolta, e meno accentuata in Usa. La politica economica e commerciale dell’amministrazione Trump ha continuato a condizionare l’andamento dei mercati azionari, sia nelle economie sviluppate sia nei paesi emergenti.
Al termine del mese la nostra analisi fondamentale sulle valutazioni dei mercati azionari ci induce a ritenere che i multipli stiano incorporando attese troppo pessimiste, in particolare in Europa, dove lo scenario è particolarmente condizionato da fattori di tipo politico: all’incertezza derivante da Brexit e dalla politica italiana si sono aggiunte le tensioni politiche in Germania.
Su considerazioni di tipo fondamentale abbiamo dunque deciso di incrementare l’esposizione agli indici azionari globali, con particolare attenzione a quelli Europei dove, a differenza dal recente passato, preferiamo le larghe capitalizzazioni rispetto ai titoli minori, per investire anche nei settori che di recente hanno subito i ribassi più consistenti. Stiamo aumentando l’esposizione al mercato tedesco, penalizzato negli ultimi mesi anche da fattori valutari e di natura commerciale. Un esempio su tutti: il pessimismo sul settore auto, legato allo scandalo dei diesel, alla variazione strutturale data dallo sviluppo del motore elettrico, ed ai dazi americani, porta il gruppo Daimler a capitalizzare quanto la valutazione del settore camion, valutando implicitamente zero la divisione auto.
La nostra analisi ci porta a mantenere la posizione lunga in dollari nell’intorno del 30% degli attivi, dopo averla modificata tra zero ed il 50% nel corso del mese, ed a mantenere una posizione corta sui titoli di stato USA. Nel periodo abbiamo assunto una posizione corta anche sul BTP, azzerata a fine mese, al fine di coprire i rischi per il portafoglio conseguenti ad un peggioramento dello scenario relativo al debito pubblico italiano.
L’esposizione azionaria netta, ridotta nella seconda metà di giugno, è stata incrementata nei primi giorni di luglio fino ad assestarsi nell’intorno del 50% degli attivi del portafoglio modello.