Gennaio è stato caratterizzato da un rialzo generalizzato degli indici azionari e dalla ripresa dei mercati obbligazionari, che hanno recuperato le perdite delle ultime settimane del 2018 in un contesto di maggiore ottimismo, supportato anche da un atteggiamento più accomodante da parte della Banca Centrale americana, che ha dato l’impressione di tenere in considerazione non solo l’andamento dell’economia ma anche quello dei mercati. In realtà durante il mese sono stati pubblicati dati macroeconomici in peggioramento rispetto a quelli di dicembre e le previsioni sul futuro delle economie, elaborate da organismi internazionali e banche centrali, hanno confermato uno scenario di rallentamento. Gli investitori, però, sembrano avere assimilato un nuovo quadro macroeconomico che, ai livelli di valutazione raggiunti da azioni e obbligazioni, potrebbe essere correttamente rappresentato dai mercati.
La nostra considerazione di base è che il mondo sta rallentando ma una recessione nelle principali economie non è alle porte. Di conseguenza non ci aspettiamo un rialzo dei tassi di interesse governativi e riteniamo che, alla luce del forte ri-prezzamento degli attivi avvenuto nella fase finale del 2018, l’andamento dei mercati azionari e delle obbligazioni “corporate” sarà legato, più che in passato, alle dinamiche delle singole società, al loro conto economico (azioni), al loro stato patrimoniale ed alla capacità di generazione di cassa (obbligazioni). Abbiamo deciso di adottare un approccio più selettivo al mercato.
Con questa premessa abbiamo impostato l’attività di gestione delle ultime settimane sulla ricerca di opportunità di investimento in attivi che, in considerazione dei recenti ribassi e dell’evoluzione dei loro fondamentali, potrebbero incorporare un eccesso di negatività.
Nel mese abbiamo ridotto del 7% la componente di portafoglio rappresentata da liquidità e strumenti del mercato monetario e aumentato l’esposizione alle azioni dal 35 al 43%. Abbiamo incrementato l’esposizione al mercato americano ed a quello europeo in particolare nel settore dei consumi discrezionali (+8%), negli industriali (+9%), negli energetici (+2%) e nella tecnologia (+2%), riducendo la parte più difensiva del portafoglio, telecomunicazioni e consumi di base (-7%).
Tra fine gennaio ed inizio febbraio abbiamo modificato la componente obbligazionaria del portafoglio. Abbiamo sostituito l’investimento in obbligazioni corporate Investment Grade a tasso variabile in USD, che implementavamo con un ETF, con singole emissioni che negli ultimi mesi hanno risentito di un allargamento degli spread che, considerando i fondamentali degli emittenti, imputiamo più a ragioni di mercato che ai fondamentali. Abbiamo incrementato l’esposizione alle obbligazioni emergenti attraverso l’investimento in obbligazioni governative cinesi in valuta locale, dalle quali ci aspettiamo un ritorno sia sul fronte tasso sia su quello del cambio, con una volatilità inferiore a quella che sta caratterizzando la generalità delle obbligazioni emergenti in valuta locale.
A livello valutario abbiamo mantenuto una limitata diversificazione rispetto all’euro.
Abbiamo iniziato il mese di febbraio incrementando l’esposizione alle azioni emergenti a fronte di una riduzione del peso delle azioni europee.
Continuiamo ad assumere rischi prevalentemente nella componente azionaria del portafoglio perché riteniamo che le azioni rappresentino una delle asset class con le migliori potenzialità. Nei limiti di investimento da prospetto del 60%, con un approccio dinamico che ci porterà a investire tra 0% ed il 60%, le azioni sono l’area principale in cui, al momento, intendiamo focalizzare la nostra attività di gestione.