L’attività di gestione del mese di febbraio va inquadrata in uno scenario in cui, ai fattori di tensione rappresentati dall’aumento dell’inflazione, dall’atteggiamento restrittivo delle banche centrali, dal rischio di errori di politica monetaria e delle loro implicazioni sulla crescita dell’economia, si è aggiunto un fattore geopolitico alle cui conseguenze i mercati finanziari stanno dimostrando di non essere preparati.
L’invasione dell’Ucraina non ha solo implicazioni umanitarie, geopolitiche, militari e diplomatiche, ma anche ripercussioni a livello economico, finanziario e sociale. Fino al mese scorso i fattori di tensione generavano incertezza, e conseguente volatilità, in tutte le asset class, in un contesto macroeconomico caratterizzato da fondamentali solidi. Ma lo scenario di guerra è destinato ad impattare rapidamente e significativamente su numerose variabili economiche.
A differenza di altri momenti di tensione per l’economia ed i mercati, in cui le banche centrali sono intervenute attivamente per “limitare” i danni, oggi le autorità non dispongono di mezzi efficaci: i loro bilanci hanno raggiunto dimensioni difficilmente incrementabili senza il rischio di generare danni collaterali o conseguenze inaspettate, ed i tassi di interesse, ai minimi storici, non hanno margini per ulteriori tagli. Inoltre, si sta concretizzando il rischio di “stagflazione” (elevata inflazione in un contesto di crescita bassa o nulla) perché la maggior parte delle aziende e delle economie mondiali è destinata a confrontarsi con un aumento dei costi (dalle materie prime alla logistica) e con una riduzione della domanda. E le sanzioni comminate alla Russia, prevalentemente a carattere finanziario, sono destinate ad impattare negativamente sulle aziende e sulle economie occidentali più o meno direttamente connesse con l’economia russa. Sarà difficile quantificare gli effetti del conflitto su crescita, inflazione e fiducia dei consumatori, essendo questi a loro volta una conseguenza delle operazioni militari, della risposta delle istituzioni internazionali e dell’evoluzione delle sanzioni, anche tenendo conto che ad oggi le sanzioni non riguardano i prodotti energetici e le principali materie prime che il mondo occidentale importa dalla Russia.
Ma è evidente l’aumento del rischio per l’economia e per i consumatori di diversi Paesi, fortemente dipendenti da Russia e Ucraina per l’approvvigionamento di materie prime energetiche, industriali ed agricole, e per tutto il sistema finanziario, che a livello mondiale presenta legami diretti e indiretti con le banche e le aziende russe.
Il comportamento dei mercati finanziari, all’insegna della debolezza delle azioni, della forza delle materie prime e di curve dei rendimenti obbligazionari che faticano a prezzare gli impatti della politica monetaria sulle scadenze brevi e l’incertezza per crescita ed inflazione sulle scadenze lunghe, induce a mantenere un atteggiamento cauto.
L’attività di gestone è stata incentrata sulla diminuzione della rischiosità del portafoglio. Abbiamo ridotto l’esposizione azionaria dal 55 al 40% (con un’ulteriore riduzione al 30% all’inizio di marzo), diminuendo sia la componente lunga del portafoglio (-27%) sia quella corta (-12%), con una riduzione del 39% dell’esposizione lorda. Abbiamo aumentato l’esposizione al settore tecnologico (+4%) a fronte di vendite nei finanziari (-6,5%), industriali (-4,5%) energetici (-3,5%) e titoli legati ai consumi (-2%). Nelle obbligazioni abbiamo chiuso la posizione corta sugli high yields americani in seguito alla correzione che aspettavamo da mesi, e ridotto marginalmente il peso degli investment grade a tasso variabile in euro, con un aumento della duration da 0,15 a 0,5 anni. L’esposizione alle materie prime è aumentata del 4% sia con acquisti di oro (+3%) sia per effetto della performance di oro e materie prime industriali ed agricole. Nelle divise abbiamo ridotto il peso del dollaro (-9%) a fronte di un aumento di corona norvegese e dollaro neozelandese.
L’asset allocation è caratterizzata da 30% di azioni, 20% di materie prime, 15% di obbligazioni con duration marginalmente positiva e 20% di liquidità. Non escludiamo, comunque, che nelle prossime settimane possano emergere delle interessanti opportunità di investimento soprattutto in ambito azionario.