Il mese è stato caratterizzato da un comportamento molto diverso tra i mercati azionari e quelli obbligazionari.
Le azioni hanno vissuto due fasi ben distinte. La prima metà del mese ha visto il recupero delle perdite innescate a fine gennaio dall’emergere del COVID-19. L’assunto di base era che l’emergenza virus, per quanto grave, sarebbe stata affrontata dalle autorità cinesi con un’ampia dose di stimoli di politica monetaria e fiscale che, per quanto incapaci di evitare un rallentamento della crescita economica cinese e globale nel breve termine, ne avrebbero limitato gli effetti negativi nel lungo periodo. E un intervento delle principali banche centrali mondiali avrebbe contribuito ad evitare il rischio di una recessione globale. In pratica i mercati azionari, per diverse settimane, hanno considerato il virus un problema tutto cinese, o al massimo asiatico, dal punto di vista sanitario. E un problema globale, ma gestibile, dal punto di vista economico. Nella seconda metà di febbraio sono emerse improvvisamente le evidenze di un allargamento del contagio a tutti i continenti e le azioni hanno iniziato a scontare uno scenario particolarmente negativo, dando luogo ad una delle correzioni più ampie e rapide degli ultimi anni.
Le obbligazioni hanno rappresentato una realtà completamente diversa: economie in rallentamento in tutto il mondo e fondamentali del credito in peggioramento per gli emittenti più rischiosi. Abbiamo assistito ad una drastica riduzione dei rendimenti delle obbligazioni governative di qualità, ad un allargamento degli spread di quelle di minore qualità e, nell’ultima parte del mese, ad un notevole ribasso delle obbligazioni corporate high yield.
Nell’ambito di una forte riduzione del rischio dei portafogli globali è stato significativo l’indebolimento del dollaro, soprattutto contro l’euro, in un movimento che può essere spiegato dalla chiusura dei carry trade e dalle aspettative di riduzione del differenziale di rendimento tra le due divise.
Nell’attività di gestione abbiamo progressivamente spostato l’attenzione dagli effetti che l’emergenza in atto potrebbe avere nel medio periodo sulle economie a quelli che più realisticamente avrà, nel breve periodo, su salute, comportamenti quotidiani, attività economica e dinamiche finanziarie delle zone esposte al rischio di contagio. Queste zone si estendono praticamente a tutto il mondo e, quindi, all’economia globale.
Con questo approccio abbiamo radicalmente ridotto il rischio di portafoglio nella terza settimana del mese.
Abbiamo abbassato l’esposizione azionaria dal 60 al 10%, riducendo in particolare l’esposizione all’Europa ed agli Stati Uniti ma incrementando marginalmente il peso delle azioni emergenti rispetto a gennaio.
Abbiamo aumentato l’esposizione ai settori telecomunicazioni (+3%) e finanziario (+1%), riducendo il peso di tecnologici (-8%), utilities e farmaceutici (-2%), industriali e consumi discrezionali (-1%).
Abbiamo aumentato la duration del portafoglio da 0,4 a 2,9 anni, in particolare attraverso acquisti di obbligazioni governative tedesche e statunitensi sulle scadenze decennali e trentennali, mentre nella componente debito emergente, mantenuta al 6%, abbiamo eliminato l’esposizione alle valute locali sostituendole con obbligazioni in dollari.
Abbiamo aumentato l’esposizione al dollaro e azzerato quella allo yen. E mantenuto invariato il peso di euro, franchi svizzeri e sterline.
Abbiamo riaperto la posizione sull’oro, che era stata chiusa lo scorso ottobre. Continuiamo a non essere convinti sui fondamentali di questa asset class, ma riteniamo che la riduzione in atto dei rendimenti delle obbligazioni, insieme alle attese di una nuova fase espansiva nelle politiche monetarie, continueranno a renderla interessante in termini relativi rispetto agli investimenti a reddito fisso, e ci aspettiamo la prosecuzione dei flussi netti in acquisto.
La struttura del portafoglio rimane difensiva in attesa che emergano fattori concreti a supporto dell’assunzione di maggiore rischio. Rischio che siamo pronti a prendere attraverso la riduzione delle coperture sul portafoglio azionario e la riduzione della duration obbligazionaria.