Il mese è stato particolarmente negativo per i mercati finanziari, che hanno risentito del peggioramento dei dati macroeconomici globali e delle aspettative sulla loro evoluzione. Secondo noi questo scenario è da ricondurre sia alle conseguenze dello scontro commerciale tra USA e Cina, i cui effetti sono e saranno visibili anche al difuori delle economie direttamente coinvolte, sia all’emergere di una serie di fattori di rischio fino ad oggi sottovalutati dagli investitori: sostenibilità della crescita degli utili aziendali, sostenibilità dell’eccesso di debito creatosi negli ultimi anni anche a causa delle politiche monetarie espansive, sostenibilità delle valutazioni. Particolarmente significativa la performance realizzata dalle obbligazioni governative, che nel mese hanno attratto importanti flussi di investimento provenienti da tutte le altre asset class, a testimonianza delle attese di rallentamento macro e della chiusura delle posizioni di rischio a livello globale.
Abbiamo affrontato questo scenario senza sottovalutare i fattori di rischio evidenziati, ma concentrandoci sulla ricerca di investimenti che presentino valutazioni sostenibili o opportunità di rivalutazione anche nel mercato complesso in cui stiamo operando. L’attività di gestione del mese non è stata elevata ed abbiamo sostanzialmente mantenuto l’asset allocation impostata in novembre.
Pensiamo che i rischi principali continuino ad essere rappresentati dal mercato del credito, sia nei rating più bassi degli emittenti Investment Grade, sia nelle obbligazioni High Yield: politiche monetarie restrittive e potenziale peggioramento del quadro macro rendono complicato il rifinanziamento delle obbligazioni esistenti, generando allargamento degli spread e potenziali default. Allo stesso tempo, se non andiamo incontro ad una recessione nel 2019, i rendimenti attuali delle obbligazioni governative meno rischiose potrebbero non esprimere valore.
Di conseguenza stiamo allocando il 36% del portafoglio al mercato monetario, con scadenze entro il 2019, e solo il 6% al resto del reddito fisso: obbligazioni emergenti in dollari ed obbligazioni corporate in dollari ad alto rating, tasso variabile e scadenze massime di 5 anni.
Abbiamo mantenuto la diversificazione valutaria rispetto all’euro nell’intorno del 10%, prevalentemente sul dollaro.
Abbiamo assunto rischi nella componente azionaria del portafoglio, dove abbiamo risentito del calo generalizzato degli indici in un contesto in cui le vendite hanno riguardato in modo indiscriminato i diversi paesi e settori, con una negatività più accentuata sul mercato americano in cui, evidentemente, i portafogli internazionali erano più sbilanciati.
Abbiamo sottovalutato le potenziali conseguenze delle chiusure di posizioni per il fine anno e della riduzione generale dei profili di rischio: abbiamo deciso di non “coprire” il portafoglio azionario, e mantenuto un’esposizione azionaria tra il 35% ed il 40% dell’attivo. Considerando la performance negativa dell’8,4% per l’indice MSCI World, il -9,9% dell’S&P500 ed il -6% dello STOXX 600 Europe, il risultato negativo del portafoglio modello è spiegato essenzialmente dalla componente azionaria che, mediamente al 38%, ha perso il 7,8% nel periodo.
Iniziamo l’anno mantenendo l’esposizione azionaria vicina al 40% ma aumentando leggermente il profilo di rischio con l’azzeramento dell’esposizione alle telecom a favore di temi ciclici che, a seguito dei recenti ribassi, presentano maggiori opportunità di rivalutazione. Riteniamo che il portafoglio azionario presenti un mix interessante tra componenti cicliche e difensive, con il sostegno valutativo di un multiplo P/E sul 2019 inferiore a 12,5 volte, un dividend yield atteso vicino al 4%, un beta al mercato leggermente inferiore a 1 ed una volatilità annualizzata del 14%. Questa struttura ci ha penalizzato in dicembre ma esprime valore e la manterremo a meno di un significativo peggioramento delle condizioni di mercato che ci induca a focalizzarci sulla limitazione delle perdite e sulla protezione del capitale.
Il 2018 non è stato un buon anno per la performance assoluta del fondo. Dopo i primi 3 trimestri caratterizzati da un risultato sostanzialmente invariato, in cui abbiamo investito in azioni con posizioni rialziste e ribassiste, obbligazioni prevalentemente con posizioni ribassiste sui governativi e duration negativa, con diversificazione valutaria su dollari, sterline e franchi svizzeri, nella parte finale dell’anno abbiamo sottovalutato il rischio rappresentato dalle azioni.
Oggi continuiamo a ritenere che le azioni rappresentino una delle asset class con le migliori potenzialità. Nei limiti di investimento da prospetto del 60%, con un approccio dinamico che ci porterà a investire tra 0% ed il 60%, le azioni sono l’area principale in cui, al momento, intendiamo focalizzare la nostra attività di gestione.