Nel mese abbiamo avuto la conferma delle tensioni inflattive, del peggioramento delle condizioni della global supply chain, anche a causa della “linea dura” adottata dai cinesi per contrastare il covid e del blocco dell’attività nei porti marittimi interessati dal conflitto, dei segnali di rallentamento nelle diverse aree geografiche e dell’aumento dei differenziali di rendimento tra le diverse divise, che in generale ha favorito il rafforzamento del dollaro.
Lo shock causato dall’aumento dei prezzi di materie prime energetiche ed agricole sta generando “stagflazione” (inflazione in assenza di crescita) a livello globale e rallentando la crescita globale più del previsto, in particolare nell’area euro, grande importatrice di energia. Il rallentamento cinese, enfatizzato dai lockdown e della prosecuzione della crisi del settore immobiliare, preoccupa le autorità locali e gli investitori, come dimostra il movimento del renminbi, che ha perso il 4,5% nei confronti del dollaro. L’economia americana ha registrato la prima contrazione dopo molto tempo ma la FED mantiene un atteggiamento restrittivo, consapevole delle proprie responsabilità nel raggiungimento dell’8% di inflazione.
Queste dinamiche economiche e monetarie stanno influenzando le dinamiche aziendali, con pressioni sui margini e cali di domanda, anche legati alla perdita di potere reale di acquisto dei consumatori.
E, di conseguenza, aprile è stato un mese particolarmente negativo per i mercati finanziari. Ecco alcune interessanti statistiche. L’S&P 500, con una correzione del 9,6%, ha realizzato la peggiore performance dal calo di marzo 2020 (all’inizio della pandemia) quando il ribasso fu del 12%. La perdita è spiegata principalmente dai settori consumer discretionary (23% del contributo al risultato dell’indice principale), communication services (20%) e information technology (14%). Il Nasdaq 100, in calo del 13%, ha registrato la peggiore performance dal 2008, ed il dodicesimo peggior risultato mensile della sua storia. Allargando l’analisi ai primi 4 mesi dell’anno, il calo del 13.3% dell’S&P 500 rappresenta la terza peggior performance dal 1928, collocandosi dopo il 1932 ed il 1939 (nota positiva: in quelle due occasioni il risultato a fine anno fu rispettivamente +18.7% e +14.7%). Le obbligazioni americane, in calo dell’11%, registrano la peggiore performance dal 1980 (all’epoca i rendimenti del decennale americano erano al 12.6%, oggi al 2.9%!). E un indice delle obbligazioni governative mondiali, costruito tenuto conto del peso del GDP dei singoli costituenti sul GDP mondiale, sta registrando la sua peggiore performance dal 1920. Aprile rappresenta, negli ultimi 49 anni, la quarta occasione in cui, nello stesso mese, le azioni hanno perso più del 5% e le obbligazioni più del 2%. Detta altrimenti: nelle ultime 52 occasioni in cui l’S&P 500 ha subito una correzione superiore al 5%, per ben 37 volte i Treasuries hanno realizzato una performance positiva, se non altro per motivi legati al “flight to quality”, in poche occasioni hanno registrato perdite marginali, e solo 4 volte (tra cui aprile 2022) hanno perso più del 2%, che rappresenta un risultato mensile particolarmente raro per l’asset class.
Tutto questo ci ha indotto a mantenere nella gestione un approccio cauto, per quanto focalizzato sulla continua ricerca di opportunità di investimento, anche tattiche, nelle diverse asset class che rappresentano l’universo di investimento del portafoglio modello.
Abbiamo ridotto l’esposizione netta alle azioni (-24.5%), riducendo la componente lunga (-9%) e aumentando quella corta (-15.5%), in particolare con la riduzione delle azioni americane (-19%) e globali (-5%). A livello settoriale abbiamo aumentato consumer staples (+7.5%), materiali (+5.5%) e communication services (+4%) e ridotto l’esposizione ai consumer discretionary (-4%). A livello valutario abbiamo aumentato l’esposizione a dollari (+16%), sterline (+10%) e franchi svizzeri (+4%), riducendo soprattutto l’esposizione all’euro (-22%). Particolarmente positivo il contributo della posizione corta sulla divisa cinese (in essere ormai da diversi mesi), che in aprile ha visto un significativo indebolimento. Sostanzialmente invariati il portafoglio obbligazionario e l’allocazione alle materie prime.