Il mese è stato caratterizzato dal recupero dei mercati azionari e dal restringimento degli spread delle obbligazioni corporate. Le azioni americane hanno sovraperformato, registrando uno dei rialzi mensili più forti degli ultimi anni, grazie soprattutto alla forza dei settori farmaceutico e tecnologico, i cui utili non stanno risentendo del brusco calo di domanda indotto dal lockdown. Il debito corporate, anche nelle sue componenti più rischiose, ha beneficiato del sostegno delle banche centrali, che ha creato i presupposti per un restringimento degli spread sui debiti governativi rispetto ai livelli eccezionali raggiunti a marzo, e per un mese straordinario in termine di nuove emissioni. Aprile è stato in assoluto il mese con più emissioni di debito corporate Investment Grade della storia (quasi 300 miliardi di dollari), ed uno dei più significativi per le emissioni High Yield.
È emersa chiaramente la volontà delle aziende di assicurarsi la liquidità per fronteggiare le conseguenze della crisi in atto, e la volontà delle banche centrali di agevolare quanto più possibile le condizioni di finanziamento, sia per il debito privato sia per quello pubblico. Gli acquisti della BCE, in particolare sui debiti periferici dell’area euro, Italia in primis, stanno evitando che l’aumento di debito conseguente all’implementazione delle misure di sostegno all’economia, si trasformi in una crisi finanziaria complicata da gestire viste le dimensioni raggiunte dal debito stesso.
I mercati finanziari hanno enfatizzato la valenza degli interventi di politica monetaria e fiscale, che effettivamente non hanno precedenti storici in quanto ad entità, rapidità e coordinazione tra governi e banche centrali: i bilanci di queste ultime stanno assumendo dimensioni mai raggiunte in proporzione al GDP, ed i deficit pubblici stanno toccando livelli raggiunti in passato solo in periodi di guerra. Le dinamiche di mercato sembrano guardare al tasso di variazione dei dati sulla pandemia più che al loro valore assoluto, e sembrano considerare passato il picco degli effetti della crisi sanitaria ed economica indotta dalla pandemia.
Ma il relativo ottimismo espresso dall’andamento di azioni e parte del mondo delle obbligazioni si scontra con una realtà che, oggi, non è molto diversa rispetto al mese scorso. I dati sulla pandemia e sull’aumento della disoccupazione indotta dal “lockdown”, l’incertezza su tempi, modalità e conseguenze della “riapertura”, e l’incertezza sulle prospettive economiche, ci inducono comunque a mantenere un atteggiamento realista più che ottimista: non sottovalutiamo il rischio che l’ottimismo indotto dagli interventi di governi e banche centrali porti i prezzi delle asset class ad allontanarsi troppo dal loro valore intrinseco, con conseguenze negative nel lungo periodo.
Riteniamo che i veri effetti della pandemia, e delle misure implementate per contrastarla, saranno valutabili solo nel medio-lungo termine, e che gli interventi pubblici, per quanto utili nel breve periodo, non potranno eliminare i rischi di insolvenze, di crescenti divergenze tra aree del mondo anche vicine tra loro, e di declino economico.
Sulla base di queste considerazioni abbiamo mantenuto un approccio difensivo nell’attività di gestione. Abbiamo mosso tatticamente l’esposizione azionaria netta tra il 25 ed il 50%, concentrandoci prevalentemente sull’allocazione settoriale del portafoglio. Abbiamo aumentato l’esposizione a tecnologia e health-care (+4% ognuno) ed ai servizi di comunicazione (+2%), azzerando gli energetici (-6%) e riducendo i consumi discrezionali (-1%). Nelle obbligazioni abbiamo incrementato il peso dei titoli governativi (+3%) e dei corporate (+2%) sempre nella componente Investment Grade, e nell’ambito dei mercati emergenti abbiamo sostituito i governativi globali in dollari ed euro con una posizione concentrata sui governativi cinesi in valuta locale, mantenendo praticamente invariata la duration complessiva del fondo nell’intorno dello zero. Abbiamo incrementato l’esposizione all’oro (+3%) e la diversificazione valutaria rispetto all’euro, aumentando il peso di dollari (+12%), franchi svizzeri (+4%) e sterline (+3%).