Il mese di aprile ha visto il recupero nelle quotazioni azionarie che avevano evidenziato una diffusa sofferenza nel mese precedente. Nelle ultime sedute del mese sono riemerse alcune fonti di incertezza che ad oggi non appaiono totalmente digerite dai mercati.
Il movimento dei tassi di interesse ha mostrato una iniziale risalita degli stessi sia in Europa che in USA, con una tenuta molto buona dello spread tra Italia e Germania, controintuitiva considerando lo scenario politico italiano. Il movimento al rialzo dei tassi USA è stato decisamente più marcato rispetto a quello europeo, ed ha portato il livello di rendimento a scadenza sul titolo a 10 anni al 3% per la prima volta dalla fine del 2013.
La risalita dei tassi di interesse in USA ed i dati sulla locale occupazione e sull’inflazione salariale hanno confermato le attese che si erano manifestate in febbraio, con effetti che ad inizio anno si sono manifestati su diverse asset class, mentre in aprile si sono concentrati quasi esclusivamente sui tassi di interesse.
Nel periodo le nostre scelte di gestione principali sono state caratterizzate dal mantenimento della posizione corta sui tassi USA e della posizione lunga sui mercati azionari. Durante l’ultima settimana del mese abbiamo deciso di ridurre drasticamente la prima, in corrispondenza del raggiungimento del livello del 3% per il decennale americano, e di azzerare la seconda, a causa dell’emergere di una serie di fattori di diversa natura destinati, a nostro avviso, ad aumentare la rischiosità del mercato nel breve termine.
Nella seconda parte del mese abbiamo deciso assumere una posizione lunga sul dollaro americano, eliminando parte della copertura che avevamo impostato, sul totale della componente valutaria del fondo, sin dal mese di dicembre. Riteniamo che stiano emergendo le condizioni per un rafforzamento del dollaro, sia a causa della divergenza nel trend dei tassi di interesse tra gli USA e le economie delle principali divise, sia grazie al fatto che il rischio “politico” statunitense si sta stabilizzando, almeno nella percezione degli investitori.
In gennaio abbiamo descritto il 2018 come un anno in cui la crescita economica globale sarebbe continuata, aiutando un rialzo dei tassi di interesse ed anche un andamento positivo dei mercati azionari come riflesso. Il salire dei tassi di interesse veniva già allora letto come rischio potenziale per la volatilità che avrebbe potuto aggiungere. In questi mesi abbiamo effettivamente riscontrato episodi di volatilità più o meno intensa.
Oggi ci sentiamo di affermare che l’elemento esogeno non considerato nelle analisi economiche appare in forma di innovazione comportamentale a livello politico: il presidente Trump sembra avere guadagnato confidenza nel suo ruolo, ed i mercati se ne stanno accorgendo. Anche in Europa lo scenario politico non ha mancato di offrire un aspetto innovativo: la fase di presa di confidenza nei nuovi equilibri di attori sia vecchi che nuovi (pensiamo ad esempio ai casi di Italia e Germania) non mancherà di sollecitare curiosità anche nel vecchio continente. E non ne possiamo escludere gli effetti sui mercati, che dovremo affrontare e gestire tenendo conto dello scenario economico nel quale, di volta in volta, ci troveremo.
In conclusione: esistono tutte le ragioni per accettare la convivenza con una maggiore volatilità. Le fonti aggiuntive della stessa ci sembrano ormai abbastanza chiare ma la prevedibilità dei loro effetti sembra ancora un po’ debole. Per queste ragioni la gestione del fondo aumenta la prudenza rispetto all’impostazione iniziale, mostrando a volte, come a fine aprile, un’assunzione di rischio molto contenuta.
Continuiamo a cercare le fonti di reddito con crescente sforzo, anche di fantasia, nella ricerca di situazioni particolari. Con l’obiettivo di allontanare l’andamento dei risultati del fondo da un legame troppo passivo con i principali indici di mercato.