Il mese è stato caratterizzato da tre fattori principali per i mercati finanziari: la fine della reportistica sul secondo trimestre, che ha confermato la forza dei fondamentali di buona parte delle aziende quotate nei mercati sviluppati; l’intensificarsi dell’intervento delle autorità cinesi sui temi di interesse pubblico, con una serie di misure che hanno continuato a pesare sulla performance degli indici azionari locali, delle società cinesi quotate all’estero e di quelle estere più o meno connesse con l’economia cinese; ed un importante ed atteso intervento in cui il governatore della FED ha ribadito che la banca centrale, per quanto vigile, per il momento non intende attuare una politica monetaria restrittiva per contrastare un’inflazione che continua a giudicare transitoria (anche se con meno convinzione sul concetto di “transitorio” rispetto a qualche settimana fa). Powell ha anche sottolineato la differenza tra tapering (riduzione degli acquisti di titoli sul mercato), che non inizierà prima di fine anno, e tightening (aumento dei tassi di interesse), che inizierà dopo il tapering e con tempistiche che dipenderanno dall’andamento dei livelli di occupazione e dall’evoluzione dell’inflazione, con un messaggio “dovish” accolto positivamente dagli investitori.
Sta emergendo un fattore nuovo. Contrariamente alle nostre considerazioni dell’anno scorso in questo periodo, la liquidità nei bilanci del mondo corporate è in aumento. Ovvero: nonostante l’aumento dell’indebitamento intervenuto nella fase iniziale della pandemia, gli indicatori “debt/equity” e “net debt/ebitda” si sono ridotti rapidamente e, in molti casi, i bilanci sono oggi più solidi rispetto alla fase “pre-covid”. Questo significa che nei prossimi mesi molte aziende potrebbero utilizzare la liquidità per comprare le loro azioni sul mercato (buy back), o implementare iniziative di crescita ed investimento (fusioni, acquisizioni e investimenti in capitale) sfruttando, come l’anno scorso, le opportunità offerte da bassi tassi di interesse e da elevati livelli di liquidità in cerca di impiego nei mercati finanziari.
L’insieme di risultati aziendali che potrebbero continuare a superare le attese del consenso, solidità di bilanci con liquidità da investire e nuovi margini di aumento dell’indebitamento, all’interno di uno scenario economico che si stabilizza senza dare segnali di peggioramento, costituisce un importante fattore di sostegno per i mercati azionari, e ci induce a mantenere un approccio pro-ciclo e positivo nei confronti dell’investimento in azioni.
Nell’attività di gestione continuiamo dunque a privilegiare un’impostazione di portafoglio modello in cui le fonti di rischio derivano da azioni, materie prime, diversificazione valutaria e duration negativa. Ma siamo consapevoli dei rischi e delle conseguenze di un improvviso cambiamento di scenario, soprattutto in fasi di diffuso ottimismo come quella che stiamo vivendo. Per questo abbiamo ulteriormente aumentato le misure di “protezione” contro le conseguenze di cambiamenti improvvisi del quadro economico e di mercato, e manteniamo significative posizioni di copertura che oggi rappresentano un “costo” ed un “freno” alla performance del portafoglio, ma che sono destinate a svolgere una funzione di stabilizzazione nel caso di aumenti della volatilità che non ci sentiamo di escludere.
Nel corso del mese abbiamo marginalmente ridotto l’esposizione netta alle azioni (-3%), riducendo il peso di Stati Uniti (-3%) ed Europa (-3%) ed aumentando quello dei mercati emergenti (+3%) con la chiusura della posizione corta sulla Cina. L’esposizione lorda alle azioni è comunque aumentata, con l’incremento delle posizioni rialziste (+2.75%) e di quelle ribassiste (+5,5%). A livello settoriale abbiamo aumentato l’esposizione alle utilities (+4%), a healthcare, real estate e materiali (+3% ognuno), a industriali (+2%) e finanziari (+1%), riducendo energetici (-5%), information technology (-2.5%) e consumer discretionary (-1%). Il peso delle materie prime è stato ridotto dal 20% al 16% con la vendita di petrolio (-2%) e rame (-3%), a fronte di un marginale aumento del peso dell’oro (+1%).
Abbiamo aumentato la diversificazione valutaria, con un aumento dell’esposizione al dollaro (+7%) finanziato con una vendita di euro di pari entità.