Nel mese è proseguito il recupero degli indici azionari con dinamiche che continuano a non rappresentare adeguatamente il quadro economico e con la netta sovraperformance del comparto tecnologico, in particolare di quello americano. A fronte di un rialzo dell’S&P 500 che, grazie al traino dei principali titoli della tecnologia, non ha eguali per il mese di agosto negli ultimi 34 anni, la maggior parte delle performance degli indici mondiali, per quanto positiva, continua ad apparire più una conseguenza della straordinaria immissione di liquidità delle banche centrali che non la rappresentazione delle aspettative di ripresa degli utili aziendali.
La stabilità dei principali cross valutari ed il moderato rialzo dei rendimenti obbligazionari e dei prezzi delle materie prime industriali rappresentano, in maniera a nostro avviso più coerente degli indici azionari, uno scenario di progressivo (ma non forte) miglioramento delle condizioni dell’economia grazie alla ripresa dell’attività in molte aree del mondo, ma anche diversi punti interrogativi sulla sostenibilità del recupero e il perdurare del rischio di ripresa dei contagi.
Un numero crescente di investitori nel mondo si sta confrontando con rendimenti reali negativi per il debito governativo che, teoricamente, rappresenta l’investimento privo di rischio. E un numero crescente di investitori non solo ha, o pensa di avere, la necessità di aumentare il profilo di rischio dei propri investimenti al fine di generare ritorni superiori al tasso di inflazione, ma anche sta assumendo i rischi con modalità che generano distorsioni nei movimenti dei mercati e determinano situazioni in cui i rialzi di diverse asset class tendono ad autoalimentarsi. Nelle ultime settimane è stato evidente l’aumento del flusso di capitali verso aree del mercato che stanno assumendo valutazioni sempre più lontane dal loro valore intrinseco (ammesso che un valore intrinseco esista comunque), e di conseguenza è aumentato il rischio di repentini e violenti movimenti di aggiustamento, come quello a cui stiamo assistendo nei primi giorni di settembre in particolare nelle azioni del comparto tecnologico.
Pensiamo che convivere con questo rischio, con cautele che nel nostro caso assumono la forma di coperture in particolare sugli indici azionari, sia l’unica alternativa al mantenimento di un portafoglio completamente liquido e destinato a generare rendimenti per definizione negativi alla luce della remunerazione attuale della liquidità e delle obbligazioni governative di qualità. Ma siamo convinti che una asset allocation equilibrata e con un profilo di rischio moderato, come nella filosofia del portafoglio modello, non possa prescindere dalla selezione degli investimenti prevalentemente sulla base della sostenibilità delle valutazioni.
Di conseguenza continuiamo a lavorare alla costruzione di un portafoglio diversificato, in cui le fonti di rischio provengono da diverse asset class (azioni, obbligazioni, divise e materie prime) e diverse aree geografiche (Nord America, Europa, Asia), e in cui le posizioni vengono implementate attraverso indici, tassi di interesse, commodities e posizioni specifiche su singole azioni e obbligazioni. Con particolare attenzione alla qualità dei bilanci delle società in cui investiamo, e con consistenti misure di protezione dal rischio di improvvisi movimenti ribassisti dei mercati.
Abbiamo aumentato la componente azionaria, incrementando l’esposizione netta (+4% dal 50% al 54%), quella lorda (+7% la componente lunga, -3% quella corta) e la ciclicità del portafoglio modello, in particolare aumentando l’esposizione a tecnologia (+7%), consumi discrezionali (+5%), materiali (+2%), industriali e farmaceutici (+1% ognuno), riducendo consumer staples (-4%) e finanziari (-2%), ed inserendo una nuova posizione nel tema “Global Clean Energy” (+2,5%), concentrata in particolare nel campo delle energie alternative. Abbiamo ridotto il peso delle azioni europee (-3%) ed aumentato quelle americane (+4%) e globali (+3%). Abbiamo ridotto la duration complessiva del portafoglio modello da 4,3 a 1,4 anni attraverso vendite di obbligazioni governative decennali e trentennali tedesche, americane ed italiane (-31%). Nelle divise abbiamo marginalmente aumentato il peso dell’euro (+2%) a fronte dell’introduzione di una posizione corta sulla lira turca.