In questo scenario i mercati stanno evidenziando una crescente divergenza tra il comportamento degli indici azionari americani, in continuo rialzo, quelli del resto del mondo sviluppato, tendenzialmente piatti o in ribasso, e quelli emergenti in fase ribassista. Si tratta di una differenza di performance giustificata dai fondamentali che, peraltro, raramente si è manifestata in passato dal punto di vista dell’entità e della durata temporale.
Il mese è stato caratterizzato soprattutto dalle tensioni sul fronte delle valute dei paesi emergenti, dalla Turchia, all’Argentina, al Sud Africa a diversi paesi asiatici, con l’indice J.P. Morgan Emerging Market Currency che ha registrato nel periodo una serie di ribassi consecutivi che lo hanno portato a livelli inferiori a quelli raggiunti nel 2016, determinando una crescente rischiosità sugli asset obbligazionari ed azionari dei mercati emergenti, con un rischio “effetto domino” che non vogliamo sottovalutare.
In questo scenario abbiamo limitato la nostra operatività ai mercati sviluppati, rimanendo fuori dai paesi emergenti le cui dinamiche ci sembrano caratterizzate da crescente complessità.
Abbiamo progressivamente incrementato l’esposizione azionaria fino al 55%, con acquisti in USA, Europa e Giappone. In particolare, abbiamo incrementato l’esposizione al mercato giapponese dal 5 al 15%, sulla base di considerazioni legate alla politica monetaria espansiva della banca centrale in uno scenario in cui i tassi di interesse restano bassi ed i flussi di capitali verso il mercato azionario restano elevati. Le principali esposizioni settoriali del portafoglio modello sono sui settori tecnologico (15%), consumi discrezionali (5%), energetico e finanziario (entrambi al 4%). Abbiamo mantenuto un’esposizione di tipo “relativo” nei settori bancario, assicurativo e dei consumi discrezionali, dove parte delle posizioni vengono “coperte” vendendo i rispettivi futures settoriali, puntando sulla sovra performance settoriale delle nostre scelte sia in un mercato rialzista sia in caso di ribasso degli indici.
In ambito obbligazionario abbiamo mantenuto l’esposizione al debito subordinato bancario (4%) ed alle obbligazioni corporate investment grade a tasso variabile in USD (3%). Con questa struttura dell’allocazione nel reddito fisso, e considerando che abbiamo incrementato la componente di obbligazioni governative a breve termine, la duration del portafoglio obbligazionario non “money market” si attesta a -4.4 anni e la duration complessiva del fondo a -1,3 anni.
In ambito valutario continuiamo a non coprire le posizioni in divisa diversa dall’euro.
Iniziamo il mese di settembre con un approccio più cauto sul fronte azionario, riducendo l’esposizione netta al 33% prevalentemente attraverso una riduzione della componente americana, eliminando l’esposizione al Nasdaq 100 ed all’S&P500, e della componente europea, eliminando l’esposizione all’indice STOXX 600: riteniamo che i fattori di tensione e le divergenze di performance che abbiamo evidenziato potrebbero causare, nelle prossime settimane, una crescente volatilità che preferiamo affrontare con un’esposizione azionaria lontana dai massimi di regolamento (60%) ed incrementabile su eventuali debolezze.