I mercati finanziari hanno registrato movimenti significativi. Azioni ed obbligazioni si sono apprezzate, e il dollaro si è indebolito sui principali cross valutari. All’interno degli indici azionari i settori ciclici e quelli sensibili ai tassi di interesse, destinati a beneficiare della loro riduzione, hanno sovraperformato rispetto alla componente più difensiva. Le minori capitalizzazioni, che da mesi sottoperformano rispetto alle società più grandi, hanno dato segnali di ripresa che, se confermati, potrebbero segnare l’inizio di una fase di recupero di performance relativa. L’oro ha continuato il movimento rialzista iniziato in ottobre, anche grazie alla riduzione dei rendimenti obbligazionari nominali e reali.
Tra i fattori alla base di questi movimenti c’è l’aspettativa di un cambiamento di atteggiamento delle banche centrali. La FED, nella seduta del 1 novembre, oltre a non intervenire sui tassi di riferimento per la seconda volta consecutiva, ha dato un messaggio che gli investitori hanno letto positivamente: la politica monetaria potrebbe aver compiuto la propria missione in questo ciclo, lasciando alle condizioni finanziarie dell’economia il compito di rallentare l’attività economica, ridurre le tensioni nel mercato del lavoro e, di conseguenza, l’inflazione.
I dati sul mercato del lavoro americano di ottobre, pubblicati all’inizio del mese, sono risultati peggiori delle aspettative in termini di nuovi posti di lavoro creati, ore lavorate ed aumento della retribuzione oraria, con una revisione al ribasso dei dati di agosto e settembre. L’aumento del tasso di disoccupazione evidenzia segnali di rallentamento nell’economia, nella crescita dei salari e nelle pressioni inflazionistiche che, in questa fase, i mercati finanziari leggono positivamente. Così come leggono positivamente i dati economici più recenti, che evidenziano un tendenziale indebolimento degli indicatori macroeconomici, anche a causa del livello elevato dei tassi di interesse. L’indebolimento dell’economia riduce le pressioni su tassi di interesse e inflazione, supportando i mercati obbligazionari e quelli azionari.
A novembre è proseguito il trend disinflazionistico iniziato nella seconda metà dello scorso anno, che sta riportando il tasso di crescita dei prezzi ai livelli del 2021. La disinflazione a cui stiamo assistendo è guidata soprattutto da fattori sul fronte dell’offerta, come l’ aumento della produttività e la riduzione dei prezzi degli input. E questo appare coerente con uno scenario di inflazione in calo nonostante la domanda interna elevata, in particolare negli USA. Tenuto conto dei tempi con cui si evidenziano gli effetti della politica monetaria sulla domanda aggregata, è possibile che nella seconda parte del 2024 i mercati finanziari si confronteranno con un’economia stabile o in moderato rallentamento, ma realisticamente non in marcata recessione, e con un’inflazione vicina ai target delle banche centrali, se non inferiore. Con un ulteriore supporto al trend disinflattivo. In uno scenario favorevole per l’inizio di una nuova fase della politica monetaria, con effetti positivi per tutte le asset class.
Nel mese abbiamo marginalmente ridotto l’esposizione alle obbligazioni (-4%), con vendite nei titoli governativi (-2%) ed in quelli corporate High Yield (-2%). Abbiamo aumentato il peso delle azioni (+25%), eliminando le coperture del portafoglio azionario di stock picking: +13% l’esposizione agli USA e +10% quella all’Europa. A livello settoriale abbiamo aumentato il peso di information technology (+4,6%), materiali (+1,5%) e industriali (+1%) riducendo consumer staples (-2%) e finanziari (-4%). Nelle divise abbiamo ridotto la diversificazione rispetto all’euro (+13%), in particolare attraverso vendite di dollari USA (-14%).