Il mese è stato caratterizzato da rialzi nelle azioni e nelle materie prime. Nelle obbligazioni, marginalmente positive e con le curve che restano invertite, i titoli emergenti in dollari hanno sovraperformato rispetto a quelli dei paesi sviluppati.
Nelle azioni è iniziata una rotazione settoriale che ha visto i titoli energetici, dei materiali, i finanziari e gli industriali sovraperformare rispetto a consumi discrezionali, consumer staples, information technology e farmaceutici. Negli USA le “Magnifiche 7” si sono apprezzate del 2%, sottoperformando marginalmente rispetto all’S&P500, in rialzo del 3%. Si tratta di una rotazione coerente con l’evoluzione delle dinamiche economiche e delle aspettative di mercato sui tagli dei tassi: l’attenzione si sta spostando da politica monetaria e inflazione ai dati economici, ed al loro impatto su utili e bilanci aziendali e sulla parte lunga delle curve dei rendimenti.
Nella fase finale del 2023 ed all’inizio di quest’anno le dinamiche dei mercati sono state influenzate principalmente dalle attese per una politica monetaria espansiva della FED già a partire da marzo, che avrebbe dato inizio ad una nuova fase espansiva anche delle altre banche centrali, in un contesto di prosecuzione del processo deflattivo e rallentamento della crescita economica. Ma, già a partire da gennaio, l’inflazione ha sorpreso al rialzo, generando incertezza sulla sua evoluzione e direzione, e diversi indicatori economici hanno rappresentato un quadro macroeconomico stabile, inducendo le banche centrali a posticipare all’estate le attese per l’inizio dei tagli. Unica eccezione la Svizzera: sulla base di dati inflattivi migliori delle attese la BNS ha sorpreso i mercati con un taglio dell’ 0,25% nella riunione di metà marzo.
Nel complesso il primo trimestre dell’anno ha visto un’attenzione crescente alle dinamiche della crescita più che a quelle dell’inflazione e della politica monetaria. Le obbligazioni hanno realizzato performance poco significative, tra negative e positive a seconda della rischiosità degli emittenti e delle duration, dopo i rialzi di fine 2023 guidati probabilmente da un eccesso di ottimismo e da flussi finanziari più che dai fondamentali. Le azioni, invece, hanno proseguito la fase rialzista, trainate inizialmente dal settore tecnologico e, a partire da metà febbraio, dall’apprezzamento della componente ciclica. Le materie prime hanno completamente invertito i trend (e le aspettative) di fine 2023, sovraperformando rispetto agli indici azionari: il Goldman Sachs Commodity TR Index si è apprezzato di circa il 10%, a fronte del +8% del Global Equity ACWI index. Un risultato determinato dalla forza dell’oro, emersa già alla fine dell’anno scorso, ed anche di petrolio e materie prime industriali.
In questo contesto abbiamo ridotto il profilo di rischio del portafoglio.
Nelle obbligazioni abbiamo ridotto l’esposizione ai titoli governativi (-15%) ed alle obbligazioni corporate Investment Grade (-1%), riducendo la duration del portafoglio obbligazionario da 0,9 a 0,2 anni.
Abbiamo ridotto il peso del portafoglio azionario (-7,5%) riducendo l’esposizione all’Europa (-13,5%) ed incrementando Canada (+2%) e Giappone (+2,5%). A livello settoriale abbiamo incrementato materiali ed healthcare (+1% ognuno) e ridotto i consumer staples (-2,5%).
Nelle divise abbiamo ridotto l’esposizione a dollaro USA (-22%) ed euro (-5,5%) a fronte in particolare di un aumento di franchi svizzeri (+12%), yen (+4%) e sterline (+2,5%).