A dicembre sono proseguiti i trend che hanno caratterizzato il mese di novembre, con l’apprezzamento di azioni e obbligazioni ed indebolimento del dollaro sui principali cross valutari. All’interno degli indici azionari i settori ciclici e quelli sensibili ai tassi di interesse, destinati a beneficiare della loro riduzione, hanno continuato a sovraperformare rispetto alla componente più difensiva, e le minori capitalizzazioni hanno continuato a recuperare performance relativa rispetto ai titoli più grandi.
Il 2023 è stato un anno positivo per le azioni, nonostante la correzione di febbraio/marzo, in concomitanza con la crisi del settore bancario, e quella di agosto/ottobre, quando l’aumento dei rendimenti obbligazionari nominali e reali ha generato un significativo riprezzamento anche nelle azioni. Ma il rialzo degli indici è stato concentrato su un ristretto numero di società. Le “Magnifiche 7” negli USA (Apple, Microsoft, Alphabet, Nvidia, Amazon, Meta e Tesla) che oggi rappresentano oltre il 27% dell’S&P500 e, nell’indice MSCI World, hanno raggiunto un peso superiore a quello di tutte le azioni inglesi, francesi, giapponesi e cinesi messe insieme, sono responsabili del 63% della performance dell’S&P500 nell’anno. Oltre il 70% dei componenti dell’indice americano lo ha sottoperformato nel corso del 2023. L’S&P 500 “equal weighted”, costruito attribuendo lo stesso peso a tutti i membri dell’indice, si è apprezzato dell’11%, a fronte del +24% dell’S&P500, e a fine ottobre risultava negativo del 5% da inizio anno.
L’anno è stato positivo anche per le obbligazioni, ma solo grazie alle performance positive di novembre e dicembre. A fine ottobre solo i titoli con scadenze entro i 5 anni presentavano ritorni positivi, mentre quelli con scadenze più lunghe erano stati penalizzati dai significativi aumenti dei tassi di interesse. Solo il rialzo di dicembre ha impedito ai treasury decennali americani di registrare una performance negativa per il terzo anno consecutivo: sarebbe stata la prima volta nella storia del debito USA.
Il dollaro, che nei primi tre trimestri, grazie all’evoluzione della politica monetaria della FED si è apprezzato su tutti i cross principali, con eccezione di franco svizzero e sterlina, sostanzialmente invariati, si è indebolito nella parte finale dell’anno, quando i dati su inflazione e crescita economica hanno indotto le banche centrali ad un atteggiamento prospettico più espansivo ed innescato una maggiore propensione al rischio nei mercati finanziari.
Il 2024 inizia con il rafforzamento delle aspettative per un soft landing delle economie. I mercati obbligazionari prezzano tagli dei tassi nel corso dell’anno ma non necessariamente una recessione. E la conferma di uno scenario di soft landing potrebbe rappresentare un ulteriore supporto per i mercati azionari, dove c’è valore in quella parte degli indici che ancora prezzano uno scenario recessivo: small cap, real estate, banche e tutto ciò che è “interest rate sensitive”. In questo scenario potrebbe restringersi il differenziale di performance emerso nel 2023 tra le “magnifiche 7” ed il resto del mercato.
Nel mese abbiamo marginalmente aumentato l’esposizione alle obbligazioni (+4%), con acquisti nei titoli governativi (+4%). Abbiamo aumentato il peso delle azioni (+6%) con acquisti di azioni globali con l’indice MSCI World (+19%), azioni americane (+3,5%) e giapponesi (+1%) e vendite di Canada (-8%), Europa (-7%) e Australia (-2%). Nessuna modifica significativa a livello settoriale. Nelle divise abbiamo ulteriormente ridotto la diversificazione rispetto all’euro (+16%), in particolare attraverso vendite di dollari USA (-8%), sterline (-4%) e franchi svizzeri (-2%).