Il mese è stato caratterizzato dall’aumento dei tassi di interesse reali. I rendimenti delle obbligazioni governative al netto dell’inflazione dei principali emittenti, in particolare Stati Uniti ed Europa, hanno raggiunto i livelli più elevati dell’ultimo decennio. Si tratta del risultato di aspettative di inflazione sotto controllo in assenza di recessione (o con recessione non particolarmente “dolorosa”). Ovvero dell’aumento della fiducia nella capacità delle Banche Centrali di tenere l’inflazione sotto controllo evitando di indurre le economie in recessione, o comunque inducendo a recessioni “leggere”.
L’attenzione degli investitori è tornata sui rendimenti reali perché, aumentando le evidenze di stabilizzazione delle dinamiche dei prezzi di beni e servizi, si iniziano a valutare gli effetti di lungo periodo di tassi di interesse nominali in fase di stabilizzazione, dopo gli aumenti degli ultimi due anni, in presenza di inflazione in ribasso: che impatto avrà questo nuovo scenario su economia e mercati finanziari?
I tassi reali di interesse rappresentano una misura del costo dei finanziamenti, per consumatori e imprese, in assenza degli effetti dell’inflazione. Ed hanno implicazioni significative nei modelli di valutazione di aziende e mercati, nonché nelle aspettative sul comportamento dei consumatori. Il loro aumento ha generato un aumento della volatilità, con performance negative per tutte le asset class soprattutto nella prima parte del mese, ed un parziale recupero nella fase finale. Il tutto amplificato dalla bassa liquidità dei mercati tipica del periodo estivo. E con il rafforzamento del dollaro, che ha beneficiato dell’aumento dei differenziali di rendimento reale tra Stati Uniti e resto del mondo.
Il movimento dei rendimenti reali ha interrotto una serie di dinamiche che avevamo notato nel mese di luglio, in particolare l’inizio di sovraperformance delle minori capitalizzazioni in Europa ed USA. In questa fase le società più piccole continuano ad essere le più impattate dall’aumento del costo del debito, dalle difficoltà di accesso al credito e dal rallentamento in atto nell’economia.
A fine mese il messaggio dei banchieri centrali riuniti a Jackson Hole, USA, ha confermato l’approccio dell’ultimo periodo: la necessità di ulteriori aumenti dei tassi di interesse, o l’inizio della loro riduzione, si baserà sui dati economici. E realisticamente ogni dato economico di rilievo, dall’inflazione al lavoro ai consumi, sarà oggetto di grande attenzione e occasione di ulteriore volatilità per i mercati.
La reportistica sugli utili trimestrali, che si è chiusa in agosto, ha evidenziato una stabilizzazione delle aspettative per il resto dell’anno: il secondo trimestre potrebbe rappresentare il minimo degli utili per questo ciclo, e l’inizio delle revisioni al rialzo delle stime potrebbe rappresentare un elemento di sostegno per i mercati azionari, a parità di altri fattori. I flussi di capitale verso le azioni continuano a privilegiare la tecnologia, con significativa accelerazione da aprile 2023, mentre energetici, finanziari e materiali continuano a subire deflussi.
Nella seconda metà di agosto abbiamo aumentato l’esposizione alle obbligazioni, con l’acquisto di governativi decennali tedeschi e americani (+12%), aumentando la duration del portafoglio obbligazionario da 1,7 a 3,4 anni. Stabile nel periodo l’esposizione alle azioni (77%), con la riduzione delle posizioni lunghe (-22%) e l’eliminazione di quelle corte (+22%). Abbiamo aumentato l’esposizione a tecnologici (+2%) e industriali (1%) a fronte di vendite nelle comunicazioni (-1%), nei materiali (-3%) e nel settore finanziario (-5%).
L’esposizione alle materie prime continua ad essere rappresentata dall’oro (4%). Nelle divise abbiamo marginalmente il peso di euro (-2%) e sterline (-1%) a fronte di acquisti di dollari USA (+1%), franchi svizzeri (1%) e corone svedesi (+1%).