E’ stato un mese contrastato nei mercati finanziari, con performance comprese tra marginalmente positive e marginalmente negative per le diverse asset class e all’interno delle stesse.
Nelle azioni globali, in calo del 2%, Giappone, Eurozona e MSCI Emerging Markets, positivi nel periodo, hanno sovraperformato rispetto alle azioni statunitensi, dove le Magnifiche 7 (+3,5%) hanno sovraperformato l’S&P500 (-2%) e le minori capitalizzazioni (-8%). Nei mercati obbligazionari si è registrato un aumento dei rendimenti nella parte lunga delle curve, senza movimenti particolari nei differenziali di rendimento delle obbligazioni corporate ed emergenti rispetto a quelle governative. Nelle materie prime il petrolio (+3%) ha sovraperformato oro, rame e metalli industriali (-2%).
Nel complesso il 2024 è stato un anno positivo per gli investimenti azionari, anche se con differenze significative tra i risultati delle diverse aree geografiche e dei diversi settori e con la netta supremazia delle azioni statunitensi, in particolare nei temi legati all’intelligenza artificiale. L’S&P500 (+23,3%) ha realizzato ben 57 “nuovi massimi” nel corso dell’anno, l’aggregato delle 10 principali aziende tecnologiche si è apprezzato di oltre il 50% mentre il Russell 2000, che include i componenti di entrambi, si è fermato a +9,90%. Le performance tra gli indici europei, comprese tra il -3% del CAC e il +19% del DAX, evidenziano differenze che sono la chiara conseguenza delle diverse composizioni settoriali degli indici, e sono la conseguenza della sovraperformance dei settori finanziari e industriali rispetto ad automotive, materie prime, chimici, energetici ed utilities.
L’anno è stato positivo per gli investimenti obbligazionari nella componente High Yield e Investment Grade, che ha sovraperformato rispetto a quella governativa dove i rendimenti della parte lunga delle curve hanno raggiunto livelli superiori rispetto alla fine del 2023, dopo un quarto trimestre particolarmente negativo. Gli spread di rendimento rispetto ai titoli governativi si sono ridotti, sia per la riduzione della rischiosità del debito corporate in uno scenario economico in progressivo miglioramento, sia per l’aumento della rischiosità percepita nel debito governativo, in particolare quello americano, che risente di un deficit in continuo aumento anche a causa della riduzione della tassazione annunciata dalla nuova amministrazione.
È significativa la performance dell’oro che, apprezzandosi di oltre il 25% in dollari, con 40 “nuovi massimi” nel corso dell’anno, ha sovraperformato tutte le asset class incluso l’S&P500. Ed ha dimostrato, per l’ennesima volta, la sua valenza ai fini di diversificazione e decorrelazione del portafoglio in uno scenario che ha visto crescere le tensioni geopolitiche e diverse fasi di elevata volatilità dei mercati finanziari. L’oro continua a beneficiare degli acquisti di banche centrali ed investitori finali, che compensano il calo della domanda da consumi della materia prima, dei crescenti rischi geopolitici, dell’incertezza sui risultati delle elezioni politiche e dell’incertezza legata all’evoluzione dell’inflazione, dello stock di debito pubblico e dei tassi di interesse nel mondo.
Abbiamo aumentato l’esposizione alle azioni (+30%) riducendo le posizioni corte sugli indici europei (+16%) e sull’Australia (+4%) ed aumentando l’esposizione all’area emergente (+10%). Sostanzialmente invariata l’allocazione settoriale, con un marginale incremento di information technology e consumer discretionary (+1% ognuno) a fronte di una marginale riduzione di finanziari e industriali.
Nelle obbligazioni abbiamo ridotto l’esposizione ai titoli governativi Investment grade (-28%) riducendo la duration del portafoglio obbligazionario da +1,5 a -0,5 anni.
Nelle divise abbiamo ridotto la posizione corta sullo yen (+30%) a fronte di vendite di dollari (-20%), sterline (-8%) ed euro (-7%).