Il mese è stato caratterizzato da indici azionari sostanzialmente invariati ma con significative rotazioni settoriali al loro interno, da rialzi per le obbligazioni, in particolare nella parte lunga delle curve, dalla debolezza del dollaro nei principali cross valutari e, nelle commodities, rialzi dei metalli preziosi e debolezza di materie prime industriali, energetiche ed agricole.
Due i fattori alla base dei movimenti dei mercati. Entrambi condizionati dalle aspettative sull’evoluzione dei tassi di interesse (e dei loro differenziali tra i diversi paesi) in seguito alla pubblicazione dei dati sull’inflazione americana di giugno, inferiore alle attese. I due fattori sono stati il rafforzamento dello yen, che ha determinato l’interruzione di molte operazioni di “carry trade”, sempre più frenetica nella parte finale del mese e particolarmente violenta nei primi giorni di agosto, ed una forte rotazione all’interno degli indici azionari, con flussi in uscita da tecnologici e consumi discrezionali a favore di finanziari, utilities, real estate e industriali, e in generale flussi verso le minori capitalizzazioni, soprattutto negli Stai Uniti.
Questi fattori hanno condizionato le dinamiche di mercato anche nei primi giorni di agosto, con un significativo aumento della volatilità anche a causa dell’incertezza sui trend macroeconomici e sulla sostenibilità dei risultati delle società tecnologiche, con la fine dell’euforia sull’intelligenza artificiale.
Da un lato l’incertezza riconducibile al rischio che la FED si dimostri incapace di invertire la politica monetaria restrittiva attuale prima che i tassi di interesse impattino negativamente sulla crescita economica e spingano i mercati azionari in una nuova fase ribassista. Il tasso di disoccupazione per il mese di luglio, al 4,3% e superiore alle aspettative della FED per fine 2024, ha innescato nuovi timori di “hard landing” dell’economia, che da diversi mesi erano stati sostituiti da aspettative di “soft landing”.
Dall’altro lo yen: il primo rialzo dei tassi da parte della Bank of Japan ha innescato un movimento rialzista dello yen, ampiamente utilizzato nei “carry trade” basati sul finanziamento in divise “deboli” e con bassi rendimenti per investire in divise con rendimenti più elevati. Il suo rafforzamento (+7% contro dollaro in luglio, +4% nelle prime tre sedute di agosto, dopo l’aumento dei tassi) ha indotto alla chiusura di una serie di operazioni in campo valutario, azionario ed obbligazionario le cui conseguenze su cambi, tassi ed indici sono state particolarmente violente e, probabilmente, sono destinate a proseguire.
Significativo l’aumento della volatilità sui principali indici azionari nei giorni a cavallo tra luglio e agosto: in particolare l’aumento del VIX, l’indicatore della volatilità implicita delle opzioni sull’indice S&P500, nella giornata del 5 agosto, non ha eguali, su base giornaliera, nella storia dell’indicatore.
Abbiamo ridotto l’esposizione netta alle azioni (-20%) con vendite negli USA (-15%), in Europa (-5%) e Asia pacifico (-10%) e acquisti in Giappone (8%). A livello settoriale abbiamo aumentato il peso di finanziari (+11%), industriali (2%), real estate e consumer discretionary (+1% ognuno), riducendo l’esposizione alla tecnologia (-10%). Nelle obbligazioni abbiamo ridotto il peso dei titoli governativi (-6%) e aumentato quello delle obbligazioni corporate Investment Grade (+1%), con un marginale aumento della duration del portafoglio obbligazionario da 0,5 a 0,7 anni. Nelle divise abbiamo aumentato l’esposizione alla sterlina riducendo franchi svizzeri e yen. Nelle materie prime abbiamo azzerato l’esposizione all’uranio.