Ad oggi le tensioni inflattive, e le loro conseguenze sulle curve dei rendimenti, non sono tali da destare preoccupazioni particolari: l’economia globale è in grado di assorbire le tensioni sul fronte commerciale meglio che nel 2022 e 2023. Lo scenario di base per economia e mercati potrebbe restare la prosecuzione del processo deflattivo verso il 2% nella maggior parte delle economie sviluppate, con le conseguenze attese dagli investitori sui tassi di interesse. Ma le tensioni di gennaio sono la prova di quanto rapidamente possa cambiare il quadro di mercato.
In questo scenario abbiamo ridotto il profilo di rischio del portafoglio nella parte iniziale del mese e lo abbiamo incrementato nella seconda metà, lavorando prevalentemente sulla componente azionaria.
Nel mese abbiamo aumentato l’esposizione alle obbligazioni (+25%) con acquisto di obbligazioni governative, portando la duration della componente obbligazionaria da -0,4 a 1,4 anni. Abbiamo ridotto l’esposizione alle azioni (-7%) riducendo l’esposizione alle azioni globali (-20%) e all’Australia (-3%) ed incrementando nord America (+10%), Europa (+5%) e Giappone (+1%). A livello settoriale abbiamo ridotto il peso dei finanziari (-2%) ed incrementato consumer staples, information technology e industriali (+1% ognuno) ed health care (+2,5%). Nelle materie prime abbiamo marginalmente ridotto l’esposizione all’oro (-1%) ed introdotto una nuova posizione nell’uranio (+1%). Nelle divise abbiamo aumentato la diversificazione valutaria rispetto all’euro (-13,5%) in particolare con acquisti di dollari (+7,5%), franchi svizzeri (+4,5%) e sterline (+3,5%).