Nel corso del mese i dati economici hanno continuato a rappresentare un quadro non positivo, con l’emergere degli effetti di medio periodo dei lock down, delle diverse forme di “distanziamento sociale” e dell’incertezza generata dalla pandemia: peggiora lo stato di salute delle aziende, aumentano i licenziamenti o i piani di riduzione della forza lavoro ed aumenta la quantità di debitori (aziende, privati ed alcuni Stati sovrani) in ritardo nei pagamenti. I dati sull’evoluzione del virus hanno continuato a rappresentare uno scenario di forte difficoltà nella lotta contro la pandemia: diversi Paesi non riescono ad invertire il trend di crescita dei contagi ed altri, fino ad oggi più virtuosi, rischiano di registrare una ripresa dei contagi stessi in seguito all’allentamento delle misure di prevenzione.
Anche in luglio è apparso dunque evidente che l’andamento dell’economia continua ad essere fortemente condizionato dall’evoluzione del virus e dalle misure di sostegno implementate da Stati e banche centrali che, a loro volta, impattano in maniera significativa le valutazioni di tutte le asset class e, in conclusione, l’andamento dei mercati finanziari.
Abbiamo assistito alla prosecuzione di diversi trend iniziati in primavera: apprezzamento degli indici azionari, calo dei rendimenti obbligazionari, restringimento degli spread sul credito ed apprezzamento di oro e metalli preziosi. Particolarmente marcato l’indebolimento del dollaro, vittima della debolezza economica americana, di una FED “dichiaratamente” espansiva nel lungo periodo, di tassi reali negativi su tutte le scadenze, e di una ritrovata forza dell’euro, che invece ha beneficiato dell’accordo sulla nascita del Recovery Fund.
Questo scenario continua a favorire sia la propensione al rischio sia gli acquisti di asset class più rischiose rispetto ad obbligazioni governative con rendimenti nominali e reali negativi. E induce a valutazioni degli asset finanziari che non rispecchiano i fondamentali economici, con l’aumento del rischio che il “riallineamento” con la realtà avvenga, quando avverrà, attraverso forti oscillazioni nei prezzi delle diverse asset class. E l’esperienza di quest’anno ci insegna che i mercati finanziari sono in grado di “riprezzarsi” molto rapidamente.
Lo scenario su cui basiamo la politica di investimento del portafoglio modello non cambia: continuiamo a pensare che assisteremo ad insolvenze private e pubbliche, che Stati ed aziende, fortemente indebitati, avranno meno risorse da destinare a sviluppo ed innovazione, e che emergeranno crescenti divergenze sia tra gruppi sociali all’interno dei singoli Paesi sia tra aree del mondo anche vicine tra loro. Ma non sappiamo quando questi fattori saranno presi in considerazione dai mercati e non escludiamo la possibilità che la disconnessione rispetto al quadro economico duri ancora a lungo.
Di conseguenza continuiamo a lavorare alla costruzione di un portafoglio diversificato, in cui le fonti di rischio provengono da diverse asset class (azioni, obbligazioni, divise e materie prime) e diverse aree geografiche (Nord America, Europa, Asia), e in cui le posizioni vengono implementate attraverso indici, tassi di interesse, commodities e posizioni specifiche su singole azioni e obbligazioni. Con particolare attenzione alla qualità dei bilanci delle società in cui investiamo, e con consistenti misure di protezione dal rischio di improvvisi movimenti ribassisti dei mercati.
Abbiamo mantenuto l’esposizione azionaria nell’intorno del 50% ma aumentato l’esposizione lorda (+16% la componente lunga, -16% quella corta) e ridotto la ciclicità del portafoglio, in particolare aumentando l’esposizione ai consumer staples (+9%); aumentato l’esposizione a industriali (+5%) e consumi discrezionali (+1,5%) e ridotto quella a farmaceutici (-1%), comunicazioni (-1,5%) e tecnologia (-9%); marginalmente ridotto il peso delle azioni americane ed europee ed aumentato quello alle azioni emergenti (+4%). Abbiamo aumentato la duration del portafoglio obbligazionario, da 7,5 a 9,7 anni, attraverso acquisti di obbligazioni governative decennali e trentennali tedesche, americane ed italiane (+14%), portando la duration complessiva del portafoglio modello da 2,3 a 4,3 anni. Nelle divise abbiamo aumentato il peso dell’euro (+22%) a fronte di una riduzione dell’esposizione al dollaro (-20%) ed al franco svizzero (-2%) e nelle commodities abbiamo introdotto una posizione sulle materie prime industriali (+2,5%).