I mercati finanziari continuano a rappresentare uno scenario in cui la pandemia, per quanto grave, è destinata a generare effetti negativi solo di breve periodo per l’economia, le finanze pubbliche, i consumatori e le aziende. Effettivamente, nel corso del mese, i dati provenienti dai principali paesi sviluppati hanno evidenziato un ulteriore e netto calo del tasso di peggioramento delle condizioni economiche, grazie alla riduzione delle restrizioni introdotte per arginare l’espansione del virus.
Ma il quadro economico resta negativo. Il Fondo Monetario Internazionale ha appena rivisto al ribasso le previsioni di aprile sull’andamento dell’economia globale per il 2020 e il 2021, sulla base della considerazione che la ripresa sarà più lenta del previsto a causa del “social distance”, dell’incertezza sull’evoluzione del virus (e nelle ultime settimane stiamo assistendo ad un aumento del tasso di crescita dei contagi) e delle conseguenze del lock down. Nel complesso il valore del GDP del 2021, quando auspicabilmente l’emergenza sarà finita, è stimato in calo del 6,5% rispetto alle previsioni “pre-pandemia” formulate all’inizio dell’anno.
Con queste premesse appare sempre più evidente che l’ottimismo di fondo che caratterizza i mercati finanziari sia guidato da aspettative troppo positive su tempi e modalità di ritorno ad una condizione di “pre-pandemia”.
Azioni e obbligazioni esprimono una fiducia “disconnessa” dalle prospettive economiche sottostanti, con il rischio di un peggioramento delle condizioni finanziarie in caso di delusione delle aspettative. Allo stesso tempo sono sostenute da una serie di fattori il cui supporto appare duraturo: quantitative easing, elevati livelli di liquidità, timore degli operatori di perdere le opportunità di investimento determinate dai movimenti di febbraio e marzo, assenza di alternative, nuove dinamiche di comportamento degli investitori retail (per i quali l’accesso ai mercati è sempre più facile ed economico), ed acquisti di investitori istituzionali “ritardatari”.
Lo scenario su cui stiamo basando la politica di investimento del portafoglio modello non cambia: continuiamo a pensare che l’uscita da questa crisi passerà attraverso insolvenze private e pubbliche, e vedrà emergere crescenti divergenze sia tra gruppi sociali all’interno dei singoli Paesi sia tra aree del mondo anche vicine tra loro. Tutto ciò, prima o poi, dovrà essere preso in considerazione, ma non escludiamo la possibilità che la disconnessione rispetto al quadro economico duri ancora a lungo.
Su queste assunzioni lavoriamo alla costruzione di un portafoglio diversificato, in cui le fonti di rischio provengono da diverse asset class (azioni, obbligazioni, divise e materie prime) e diverse aree geografiche (Nord America, Europa, Asia), le posizioni vengono implementate attraverso indici, tassi di interesse e posizioni specifiche su singole azioni e obbligazioni. Con particolare attenzione alla qualità dei bilanci delle società in cui investiamo, e con importanti misure di protezione dal rischio di improvvisi movimenti ribassisti determinati dalla delusione dell’ottimismo di fondo.
Abbiamo mantenuto l’esposizione azionaria nell’intorno del 50% ma ridotto sia l’esposizione lorda (-30% la componente lunga, -29% quella corta) sia la ciclicità del portafoglio, in particolare riducendo l’esposizione al settore industriale (-9%), ai finanziari (-5%) ed azzerando quella al settore energetico (-3%). Abbiamo ridotto il peso di consumer staples (-2%) e comunicazioni (-1%), reintrodotto i farmaceutici (+1%) ed aumentato l’esposizione alla tecnologia (+6%). Abbiamo ridotto il peso delle azioni americane (-6%) e giapponesi (-2%) incrementando quelle europee (+6%) ed emergenti (+1%).
Abbiamo aumentato la duration complessiva del portafoglio obbligazionario attraverso acquisti di obbligazioni governative decennali tedesche, inglesi e americane (+22%) e la chiusura della posizione sui governativi cinesi (-2%). Nelle divise abbiamo ridotto il peso di euro (-10%), sterlina (-5%) e franco svizzero (-2%) a fronte di un aumento dell’esposizione al dollaro (+20%).