Il mese è stato caratterizzato da due fasi. La prima metà ha visto un aumento della propensione al rischio, nonostante le tensioni sul fronte geopolitico in particolare in Medio Oriente, l’allocazione di nuovi flussi di liquidità verso i mercati azionari (in particolare nei settori “growth” e nei mercati emergenti) e massimi di periodo per diversi indici. Nella seconda metà l’emergere del corona-virus, con il suo bagaglio di conseguenze sul fronte sanitario ed economico, in un mondo che si dimostra sempre più “interconnesso”, ha indotto ad una maggiore cautela: vendite nei mercati azionari (in particolare quelli emergenti) ed acquisti di titoli governativi, yen e franchi svizzeri.
Anche in questa occasione i mercati finanziari hanno dimostrato di temere l’incertezza, qualunque ne sia l’origine. L’evoluzione del quadro economico e di mercato è legata anche all’evoluzione del virus, in Cina e nel resto del mondo. Il prolungarsi del blocco dell’attività in Cina ha, ed avrà, ripercussioni sul settore dei servizi e sulla produzione industriale domestici, ma anche sui movimenti internazionali di persone, merci e flussi finanziari. E l’eventualità di una diffusione incontrollata del virus nel resto del mondo potrebbe avere effetti importanti sul ciclo economico globale.
Abbiamo deciso di adottare un approccio pragmatico. La leadership cinese, che sa di avere gestito male le emergenze precedenti e la fase iniziale di questa, e di essere “sotto esame” da parte della comunità internazionale e dello stesso popolo cinese, ha capito l’importanza di un intervento “forte” per controllare le conseguenze economiche dell’epidemia. Per questo riteniamo che nei prossimi mesi implementerà politiche monetarie e fiscali espansive, volte a stabilizzare la crescita economica non lontano dall’obiettivo del 6% che è necessario per garantire stabilità finanziaria delle aziende, bassa disoccupazione e, in conclusione, evitare l’instabilità sociale ed il verificarsi dei disordini visti ad Hong Kong. E stabilità e crescita in Cina sono importanti anche per il mantenimento dei livelli di crescita attesa per l’economia globale.
Sulla base di questa considerazione stiamo affrontando la fase di mercato attuale senza sottovalutare i rischi ma senza assumere un atteggiamento estremamente difensivo.
La nostra attività di gestione continua a fondarsi sulla stima di un quadro economico per il 2020 in miglioramento rispetto al 2019 nonostante l’emergenza “virus”, con rialzo dei rendimenti obbligazionari e sovraperformance della parte ciclica del mercato azionario.
Abbiamo ridotto l’esposizione azionaria dal 60 al 45%, riducendo in particolare l’esposizione all’Europa ed ai mercati emergenti. Continuiamo comunque a guardare all’area emergente con attenzione perché le prossime settimane potrebbero presentare opportunità di investimento interessanti. Abbiamo aumentato l’esposizione ai settori tecnologico (+7%), utilities (+3%), farmaceutico (+2%) e materiali (+1%) riducendo il peso di finanziari (-6%), energetici (-3%), industriali (-2%) e consumi di base (-1%).
Il portafoglio obbligazionario è investito in obbligazioni emergenti in valuta locale (6%) e obbligazioni corporate investment grade a tasso variabile (5%). Abbiamo chiuso le posizioni ribassiste sulle scadenze lunghe delle curve americana ed europea. Con questa struttura la duration complessiva del fondo è passata da -0,85 a +0,4 anni.
Abbiamo aumentato l’esposizione al dollaro americano azzerando le posizioni su rublo e CNY, e ridotto l’esposizione all’euro a fronte di acquisti di franchi svizzeri e yen.
La struttura del portafoglio continua a privilegiare l’investimento azionario rispetto a quello obbligazionario ed all’oro, perché riteniamo che entrambi presentino un profilo di rischio-rendimento non interessante in uno scenario di tassi di interesse moderatamente rialzista.